(da Ameglia Informa di febbraio 2023)
Su Ameglia Informa di ottobre 2018 parlammo della Scuola del Mediterraneo di Recco, un’altra storia della nostra Liguria, dimenticata, come quella di Ameglia sull’esodo degli ebrei verso la Palestina negli anni 1946-1947. Ritorniamo sull’argomento perché è da poco uscito il libro “La Terra Promessa di Clara Farber”, un romanzo autobiografico di Constance (Connie) Weil, la figlia del prof. Hans Weil, direttore della Scuola del Mediterraneo.
La prof. ssa Carla De Barbieri, autrice del primo articolo, ci aggiorna sul libro e sugli avvenimenti successivi. – Sandro Fascinelli
L’autrice
Constance Weil nasce a Francoforte (Germania) nel 1933, ma poco dopo la sua nascita i genitori si trasferiscono in Liguria, dove il padre Hans, brillante docente universitario ma cacciato in quanto ebreo, fonda la Scuola del Mediterraneo.
Nel 1937, ancora prima della promulgazione delle Leggi razziali in Italia, la scuola viene chiusa per ordine del consolato tedesco. La famiglia è costretta a dividersi: il padre, che corre i maggiori rischi come appartenente a una famiglia ebraica, ripara nel Regno Unito, la madre, che non era ebrea, con i figli Anselmo e Constance s’imbarca sulla nave Vulcania nel suo ultimo viaggio commerciale prima della guerra.
La famiglia Weil si riunirà nel 1940 a New York dove vivrà un’esistenza non priva di difficoltà, anche perché il professore non avrà mai più la possibilità di tornare all’insegnamento, Negli Stati Uniti, però metterà a frutto per vivere la sua conoscenza della fotografia artistica e soprattutto dell’arte del ritratto.
Dei due figli, il maggiore Anselmo non riuscirà a trovare un suo equilibrio oscillando tra la volontà di sentirsi accettato al punto da cambiare il suo nome in Charlie, e il rimpianto per ciò che ha lasciato per sempre in Europa, mentre Constance, detta Connie, crescerà come una perfetta bambina e poi adolescente americana. Non per superficialità né cieco bisogno di omologazione, ma grazie alla sua curiosità e apertura mentale e alla capacità di trovare il meglio di ogni situazione.
Prima la scuola poi il college, ma soprattutto i campi estivi saranno per Connie una miniera di conoscenza che si traducono nel libro in osservazioni argute e mai banali.
Tutto ciò è narrato con brio e umorismo nella Terra promessa di Clara Farber, dove Clara è appunto la scrittrice Constance Weil divenuta adulta che per gli altri componenti della famiglia usa i nomi di Oskar, Emma e Hans Albert.
Il libro si arresta alle soglie della giovinezza di Constance, che corrisponde alla fine della guerra, quella guerra che porta via per sempre l’amato David, prima amico d’infanzia e poi grande amore mai dimenticato.
La vita continua
Al termine degli studi e dell’epoca narrata nel romanzo autobiografico Constance Weil seguì la carriera di scrittrice e copywriter. Si sposò ed ebbe due figlie: Katie che ha seguito le orme di Opa, il nonno Hans, facendo l’insegnante ed Emily che invece ha ereditato la vena artistica di Oma, la nonna Senta, diventando pittrice.
Il primo romanzo di Constance Weil, il giallo The Landlady, divenne un bestseller tradotto in più lingue e uscito anche in Italia nel 1976 con il titolo L’inquietante signora del piano di sopra. Con i proventi del libro Connie fece il suo primo viaggio a ritroso verso la Liguria tornando alla ricerca dei luoghi dove aveva vissuto da bambina, ma senza successo.
Soltanto molto più tardi grazie soprattutto all’appassionata attività di due scienziati e proprietari di un appartamento a Villa Palme, Maria Pia Abbracchio e Angelo Reggiani, la via fu trovata ma questa è un’altra storia che abbiamo già raccontato nella precedente edizione. Oggi Constance Weil Rauch, cittadina onoraria di Recco, morta nel 2015 ad Albany, capitale dello Stato di New York, riposa nel piccolo cimitero in vista del mare com’era nei suoi desideri.
Ogni anno, in agosto, le figlie Katie ed Emily si ritrovano a Recco (foto sopra) per incontrare di nuovo gli amici che hanno sottratto dall’oblio questa bellissima vicenda vera.
Il libro La Terra Promessa di Clara Farber,
è uscito l’anno scorso per la Jaca Book tradotto in italiano (ma non ancora nella sua lingua originale) corredato da bellissime foto risalenti agli Anni Trenta e Quaranta, che documentano sia la permanenza in Italia, sia la vita negli Stati Uniti.
Nella foto in alto, di copertina del libro, si vede la piccola Constance Weil che si guarda per l’ultima volta nello specchio di casa. Sul retro le piccole amiche italiane hanno scritto “Ciao domani Costanza va in America”
La prima versione del testo fu donata dalla stessa autrice a Maria Pia Abbracchio e Angelo Reggiani che, come si legge nella postfazione, avevano trovato una serie di documenti importantissimi e avevano recuperato il contatto con Constance Weil, ospitandola poi più volte a Recco.
Scrive nella sua premessa Giuliana Bendelli, docente di Lingua e Letteratura inglese presso l’Università cattolica di Milano e curatrice del libro:
“È davvero bello leggere un romanzo come questo dove la Shoah è un’eco lontana, presente senza essere invadente perché qui i protagonisti, per loro fortuna, non furono vittime di sterminio.”
Ma la realtà storica, per quanto rimanga sullo sfondo, non può essere ignorata.
Il professor Weil insieme a un gruppo di studiosi internazionali, ebbe dal Foreign Office l’incarico di riesaminare, analizzare e preparare un rapporto tratto dalle migliaia di pagine di testimonianze relative al processo di Norimberga. Fu un’esperienza orribile.
Nonostante la non brillante condizione economica, egli rifiutò sempre ogni forma di risarcimento che dagli Anni ’60 in poi il governo tedesco volle offrire a esuli forzati come lui, per la carriera universitaria perduta.
Anche un giovane carissimo amico di famiglia rimase profondamente segnato dal compito di raccogliere le interviste dei sopravvissuti dei campi di sterminio.
E infine, come raccontato nel libro, Connie stessa si trovò a leggere la prima traduzione del Diario di Anna Frank. Anna era nata anche lei a Francoforte, aveva all’epoca dei fatti narrati all’incirca la sua stessa età e in comune con lei l’esperienza della forzata emigrazione, sia pure con esiti di diversa portata.
Anna De Barbieri