Maria Luisa Eguez, insegnante di lettere e scrittrice spezzina, ci accompagna mese per mese alla ricerca delle ricorrenze dei santi a cui, secondo la tradizione popolare o la fede, possiamo ricorrere per avere sollievo da mali o malanni.

(da Ameglia Informa di gennaio 2017)

GENNAIO

Il 3 gennaio si celebra la ricorrenza di santa Genoveffa, patrona della così tribolata -in questi tempi- Parigi e delle forze armate. Il suo nome in francese ha un suono molto più dolce (Geneviève) rispetto a quello cacofonico italiano ed è un appellativo di origine celtica che vuol dire “dalle bianche guance”. Geneviève fu una ragazza della nobiltà gallo-romana vissuta nel V secolo. Alla morte dei genitori, la nonna la portò a vivere a Parigi che allora era poco più di un grosso borgo di nome Lutetia. A 16 anni scelse da sé di prendere il velo delle vergini e di darsi a una vita ascetica pur rimanendo nella sua casa e amministrando i propri beni. Fra il popolo cominciò a diffondersi la sua fama di taumaturga e, quando si avvicinarono alla città gli unni di Attila, convinse gli abitanti a resistere agli invasori; gli unni passarono così oltre in cerca di prede più facili. Morì a quasi 90 anni e l’anno dopo fu canonizzata. È invocata nelle epidemie, per le infezioni e nei pericoli d’annegamento.
Dopo una decina di giorni di “riposo” dalle feste, il 17 gennaio – si sa – comincia il periodo di Carnevale e questo giorno è dedicato a sant’Antonio abate, eremita del terzo secolo, morto ultracentenario. È detto popolarmente “sant’Antonio del porco” (immagine sopra) perché nell’iconografia classica è identificato da un maiale che lui tiene accanto a sé: questo ne ha fatto il protettore degli animali ma, in realtà, il suino è il simbolo delle tentazioni da cui fu perseguitato per gran parte della sua vita. Anche lui, come Geneviève, è implorato per le malattie contagiose e l’herpes zoster (detto appunto “fuoco di sant’Antonio”).

Il 21 è la volta di sant’Agnese, nobile romana martirizzata appena tredicenne nell’anno 304 durante la persecuzione di Diocleziano, rea di avere rifiutato gli approcci del figlio del prefetto di Roma. Prima fu esposta nuda in una casa di tolleranza come insulto alla sua verginità, poi sgozzata ed è per questo che è raffigurata con in braccio un agnello. Sul luogo dell’esecuzione le è stata dedicata la splendida chiesa di sant’Agnese in Agone (allora stadio, ora piazza Navona). Agnese è invocata, pure lei come Geneviève, nei pericoli d’annegamento.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di febbraio 2016)

FEBBRAIO

Febbraio tempo di malanni, ognuno col suo santo protettore a cui far ricorso secondo la tradizione. In ordine cronologico partiamo subito il 3 con Biagio, particolarmente venerato in Francia e Germania e invocato per le malattie legate in qualche modo alla respirazione: tosse, pertosse, mal di gola, torcicollo, singhiozzo e angina pectoris. Secondo la tradizione il suo legame con la gola è nato dal fatto che, arrestato in Armenia in quanto cristiano durante la persecuzione di Diocleziano, prima della sua esecuzione avrebbe guarito in prigione un ragazzo con una spina di pesce conficcata in gola. Pochi sanno, però, che Biagio condivide la sua festa con Adelinot de Chelles, nobile aquitano del VII secolo che intercede nelle forme di rachitismo di cui anche lui soffriva. Il dì seguente è la volta di Jeanne de Valois, figlia del re di Francia Luigi XI. Piccola e deforme a tal punto che suo padre tentò subito d’ammazzarla, fu comunque promessa in sposa a soli otto giorni di vita per intrighi dinastici al cugino di suo padre, che regolarmente la sposò. Il matrimonio fu poi sciolto da papa Alessandro VI e Jeanne, rinunciando a tutti i titoli regali, prese il velo. Subito dopo la sua morte cominciarono i miracoli per sua intercessione. È diventata così la patrona di chi soffre di paralisi.

Il 5 febbraio è la festa di sant’Agata, la diaconessa siciliana martirizzata nel terzo secolo: fu torturata al seno e per questo è invocata nei problemi d’allattamento.

L’8 si ricorre all’abate francese Stefano de Muret ancora una volta per la pertosse.

Altra diaconessa fu Apollonia, ricordata il 9 come patrona dei dentisti ed invocata per il mal di denti in quanto i suoi torturatori la percossero in faccia sino a farle cadere tutta la dentatura.

Il 10 si ricorda Scolastica, sorella di san Benedetto e soccorritrice nei casi di folgorazione.

L’11 è la ricorrenza di tutti i malati in quanto anniversario della prima apparizione mariana a Lourdes.

Abbiamo infine per il 12 febbraio sant’Eulalia, giovanissima martire spagnola dei primi secoli, che morì crocifissa e a cui si fa ricorso per le difficoltà legate al parto.

M. Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di marzo 2016)

MARZO

Continuiamo la rassegna iniziata lo scorso mese della relazione fra devozione ai beati del Paradiso e malattie. Anche marzo ha i suoi santi protettori di organi e parti del corpo.

Cominciamo il 1° con un santo agli albori del Medioevo, Albino d’Angers, che si prodigò per combattere l’usanza dei matrimoni fra consanguinei, molto diffusa all’epoca, soprattutto fra la nobiltà di matrice germanica che praticava l’endogamia per mantenere la compattezza dei vari clan. Per questo Albino, che è invocato nella pertosse, fu più volte minacciato di morte.

Il 6 è la volta di Colette de Corbie, badessa; si fece terziaria francescana e poi divenne eremita, quando in visione san Francesco le chiese di riformare il suo ordine; i fedeli si rivolgono a lei per i problemi della vista.

Patrone nella gravidanza sono invece Felicita e Perpetua, martiri del terzo secolo che si ricordano il 7 marzo: quando furono arrestate la prima era incinta e la seconda aveva un bambino appena nato. Il 9 si celebrano Domenico Savio e Francesca Romana: anche san Domenico, morto a soli 15 anni, è pregato nel parto, mentre santa Francesca Romana era una taumaturga che aveva trasformato il suo palazzo in ospedale: è invocata nelle epidemie. Per i tumori e i moribondi si ricorre a una mistica, Gertrude de Nivelles, figlia della badessa Itta, che nel VII sec. aveva fondato un monastero sia femminile che maschile: Gertrude è ricordata il 17 marzo.

Il primo giorno di primavera incontriamo un eremita, lo svizzero Nicola di Flüe, a cui ci si rivolge per la gastrite. Il 24 si ricorda la badessa Caterina di Svezia, figlia della più famosa santa Brigida; l’intercessione di Caterina viene richiesta nelle minacce d’aborto. Un santo dal nome ben curioso è poi Cono di Naso, venerato il 28 e implorato, neanche a farlo apposta,  per naso, orecchie e gola. E per il mal di schiena? C’è Dodone di Haske, altro taumaturgo eremita del XIII sec. festeggiato il 30.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di aprile 2016)

APRILE

Continuiamo la rassegna men-sile dei santi guaritori partendo, per non fare scherzi, dal 2 aprile, festa di Francesco da Paola, che ben si addice al risveglio primaverile, alla festa della vita essendo il santo che intercede contro la sterilità coniugale.

Difatti, come tanti personaggi biblici, nasce nel XV sec. per intercessione di Francesco d’Assi-si (di cui prende il nome) da una famiglia di contadini calabresi che non riuscivano ad avere figli. Dodicenne indossa il saio dei frati conventuali e subito diventa noto per il suo dono di compiere miracoli e per la facoltà della bilocazione. È il fondatore dei “frati minimi” tuttora esistenti.

Ancora per la sterilità coniugale e anche per le emorragie di natura ginecologica è nota come protettrice Casilda (9 aprile). Figlia dell’emiro di Toledo, si convertì al cristianesimo dopo essere guarita immergendosi nelle acque di un santuario vicino a Burgos; morì centenaria.

Il 23 si festeggia Giorgio, un santo venerato non solo dai cristiani d’Occidente e d’Oriente ma anche dai musulmani.

Il suo nome è subito associato alla leggenda medioevale della lotta contro il dragone, laddove il mostro è una rappresentazione simbolica delle forze del male. Ufficiale dell’esercito romano, fu martire durante le persecuzioni dell’imperatore Diocleziano.

È invocato nelle malattie della pelle, così come l’evangelista Marco, celebrato due giorni dopo, il 25, e protettore in particolare delle mani contro la scabbia. Dire Marco è come dire Venezia, dove le sue reliquie furono portate nel IX secolo per evitare che fossero profanate durante l’avanzata araba.

Il 27 è la volta di Zita (XIII sec.), le sue spoglie sono conservate a Lucca, dove visse. Zita (da “cita”, ragazza, da cui “zitella”) era la serva di un commerciante tessile ed è invocata contro la smemoratezza. Perché? Forse perché un giorno fu colta in fragrante dal suo padrone mentre portava nascosto nel grembiule del pane per i poveri.

Alla domanda su cosa avesse in grembo lei rispose: “Dei fiori” e il Signore, per non contraddirla e per proteggerla dall’ira dell’avaro padrone, si affrettò a tramutare i pani in fiori.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di maggio 2016)

MAGGIO

Senza essere così drastici da invocare subito il 1° maggio, Giuseppe, padre adottivo di Gesù, che accompagna i morenti ad un passaggio sereno, ci imbattiamo dal 2 nell’aiuto contro l’emicrania fornitoci da un santo molto famoso sia in Occidente che in Oriente, Atanasio, scrittore, dottore della Chiesa e patriarca d’Egitto del 4° secolo, a cui il mal di testa lo facevano evidentemente venire gli eretici e gli imperatori romani che, parimenti, di eresie ne dicevano e facevano tante. Un bel nome, davvero adatto al “mese delle rose” (e di tutti gli altri boccioli), è quello di Floriano, martire del terzo secolo ricordato il 4; ufficiale dell’esercito romano, fu seviziato ed è associato alle bruciature. Nell’Italia del Sud si venera poi Cataldo, pellegrino irlandese del settimo secolo diventato vescovo di Taranto e festeggiato il 10 maggio, che – forse a causa degli sforzi di tutto quel suo peregrinare – è invocato per l’ernia.

Un santo da sempre caro a Lerici, che gli ha dedicato un oratorio, è Bernardino da Siena, predicatore del XIV secolo celebrato il 20, che protegge nelle malattie dei polmoni e, più in generale, da raffreddamento, come a dire: “Atten-zione: né de magio, né de magiòn…”.

Il 22, infine, è un giorno particolarmente affollato: vi troviamo Giulia (testimone della fede nel V secolo, patrona della Corsica e Livorno, invocata per i problemi delle articolazioni) e, per i casi disperati d’ogni genere, Rita da Cascia, stigmatizzata che partecipò al giubileo del 1450, nonché, ancora per le articolazioni e i reumatismi, Filippo Neri, il prete fiorentino che, nel ‘500, raccolse a Roma i ragazzi di strada fondando i famosi oratori; alla magistrale interpretazione di Gigi Proietti in un film televisivo di qualche anno fa, “Preferisco il Paradiso”, dobbiamo la conoscenza della giocondità di questo grande santo.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di giugno 2016)

GIUGNO

In Francia si dice che, se piove per l’8 giugno, festa di san Medardo vescovo di Tournai e di Noyon, pioverà per quaranta giorni consecutivi, altrettanto se ci sarà il sole. 

Medardo è famoso per aver contribuito, nel sesto secolo, alla conversione al cristianesimo della Gallia. Il re dei franchi Clotario aveva fatto assassinare il proprio cognato e la regina Radegonda era allora fuggita e si era rifugiata presso Medardo. Questi non solo l’aveva accolta e protetta ma l’aveva addirittura nominata diaconessa. Medardo è invocato per mal di denti e nevralgie perché si dice che il sorriso con cui è raffigurato sia in realtà un’espressione di dolore per problemi di questo tipo.

Sempre francese e sempre vescovo ma del secolo successivo è Landerico che fondò il primo ospedale di Parigi, l’Hôtel-Dieu, tutt’oggi esistente. Lo si ricorda il 10 e lo si invoca per le scottature, tutt’altro che infrequenti con le prime tintarelle.

Decisamente più popolare è per noi sant’Antonio da Padova, festeggiato il 13, che però non è italiano bensì portoghese. Adolescente divenne frate agostiniano ma poi, affascinato dalla predicazione di san Francesco, seguì il Poverello d’Assisi. Antonio si rivelò ben presto anche lui un grande predicatore e, quando spirò, spontaneamente frotte di bambini si misero a gridare che era morto un santo: per questo suo rapporto con i piccoli è pregato per la salute dei bambini.

Italianissima, fiorentina per l’esattezza, è invece Giuliana Falconieri vissuta a cavallo fra il Duecento e il Trecento; appartenne all’ordi-ne dei Servi di Maria e si dedicò all’assistenza dei malati negli ospedali. È festeggiata il 19 e la sua intercessione è richiesta per nausea e vomito.

Per concludere tre personaggi biblici che non hanno bisogno di presentazioni: Giovanni il Battista, cugino di Gesù (il 24) e gli apostoli Pietro e Paolo (il 29). Giovanni è commemorato due volte, nel giorno della nascita (24 giugno) e del suo decesso (29 agosto); essendo morto decapitato è pregato per l’emicrania.

Il primo papa è tradizionalmente un protettore contro la febbre e la rabbia conseguente al morso di un cane infetto, ma se a morsicare è un serpente chi è chiamato a intervenire è allora Paolo in riferimento al noto episodio contenuto negli Atti degli Apostoli (At 28, 2-6); anche Paolo, come Giovanni, ha il singolare privilegio di essere commemorato due volte all’anno: il 25 gennaio per la sua conversione e, appunto, il 29 giugno per il suo martirio.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di luglio 2016)

LUGLIO

Oltre a san Pietro, già ricordato lo scorso mese, contro il pericolo derivato dalla morsicatura di un cane infetto, di contrarre la rabbia un altro santo da invocare è Ottone di Bamberga, vescovo tedesco vissuto fra l’undicesimo e il dodicesimo secolo e commemorato il 2 luglio. Proprio per questo il “Padre del monachesimo”, come fu chiamato Ottone per aver fondato una ventina di monasteri, è spesso raffigurato con accanto a sé un cagnolino.

Sempre per i morsi, non solo dei cani ma anche di altri animali, c’è poi Ulrico, vescovo di Augusta (Baviera, IX-X secolo), venerato il 4.

Il 3, invece, è la volta di Tommaso, l’apostolo che, di fronte alla notizia della resurrezione di Gesù, aveva detto: “Se non vedo…” (Gv 20, 25); per essersi ravveduto dalla sua cecità spirituale è supplicato contro quella fisica. L’11 è il giorno di Benedetto, fondatore del monachesimo occidentale (V-VI secolo) protettore contro le infezioni, gli avvelenamenti e le malattie contagiose. Perché gli avvelenamenti? Perché il suo insegnamento era così evangelicamente radicale che qualche monaco astioso pensò bene di mettergli del veleno nella zuppa che lui mangiò senza però riportare alcun danno.
Il 14, festa nazionale francese per la celebre presa della Bastiglia, troviamo un santo che da giovane fu un soldato, Camillo de Lellis (nato il 25 maggio 1550, all’epoca della Controriforma, e morto il 14 luglio 1614), taumaturgo factotum invocato per tutte le malattie e una buona morte. Fondò ospedali e mandò i suoi a soccorrere i feriti sui campi di battaglia precorrendo di tre secoli la nascita della Croce Rossa.

Il 20 si ricorda Marina di Antiochia, martirizzata quindicenne nel III secolo. Orfana di madre, fu allevata dalla balia nella fede cristiana. Per aver respinto le avances del prefetto Ollario, fu imprigionata e torturata. È considerata la protettrice delle partorienti perché in carcere ebbe la visione di un dragone che la inghiottiva ma lei riusciva a uscirne dal ventre usando il crocefisso
come pugnale. È nota anche come Margherita, nome latino della perla, e le perle polverizzate erano considerate all’epoca un rimedio efficace contro le emorragie. Sempre per i parti è invocata sant’Anna (26 luglio) la mamma della più celebre delle madri, la Vergine Maria, e quindi nonna di Gesù.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di agosto 2016)

AGOSTO

Il più celebre è senz’altro lui, Lorenzo. Perché è legato alle così poetiche stelle cadenti, perché i più âgés ricordano volentieri il celebre “X agosto” di pascoliana memoria. San Lorenzo, d’origine iberica, fu arcidiacono a Roma, dove fu martirizzato nel 258 durante la persecuzione dell’imperatore Valeriano. La tradizione e la conseguente iconografia lo vogliono arso su una graticola all’età di 33 anni. A lui è dedicata la bellissima chiesa di Portovenere (XIII secolo), sul cui portale il santo è appunto raffigurato disteso su una grata rovente. Da invocare, naturalmente, per le scottature.

Regina di Francia ma molto meno nota è invece Radegonda, vissuta nel VI secolo e commemorata tre giorni più tardi, il 13. Donna molto colta per l’epoca, per liberarsi del marito brutale si ritirò in monastero dove già viveva la suocera che delle violenze di quel suo figlio non ne poteva proprio più. La si invoca per le malattie della pelle (avrà avuto la psoriasi da stress?), in particolare contro la scabbia tornata alla ribalta delle cronache proprio in questi tempi.

Addirittura imperatrice era Elena (celebrata il 18), madre di quel Costantino che diede il via libera alla religione cristiana. Trascorse la sua vecchiaia a Gerusalemme aiutando i poveri, gli orfani e le vedove e liberando i prigionieri, secondo l’insegnamento dei Vangeli. La leggenda le attribuisce il ritrovamento della croce di Gesù, i cui frammenti sarebbero sparsi un po’ in tutta Europa. Sant’Elena è implorata per l’epilessia ma è invocata anche da chi cerca oggetti smarriti in relazione, appunto, al ritrovamento della croce. Il 24 agosto è la volta di un santo biblico, Bartolomeo, patrono di Pitelli. Dal momento che Bartolomeo è un patronimico significando “Figlio di Talmai” (“talmai” in aramaico sta per “valoroso” ma anche per “contadino”), viene identificato come quel Natanaele di cui Gesù disse: «Ecco un israelita in cui non c’è falsità». Famoso taumaturgo, morì prima scorticato e poi crocifisso. È supplicato per le convulsioni.

Il 28 troviamo un gigante non solo della Chiesa ma anche della cultura occidentale, quel vescovo di Ippona che scrisse le sue famose Confessioni. Dopo una giovinezza libertina che diede non pochi grattacapi a sua madre Monica, la conversione di Agostino maturò a Milano quando lui aveva 33 anni. È celebre il suo grido: «Tardi ti ho amato, Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo… Eri con me, ma io non ero con te». Sant’Agostino è invocato come protettore contro le malattie d’origine animale.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di settembre 2016)

SETTEMBRE

Il 1° di settembre è, si passi il gioco di parole, sotto l’egida di Egidio, nome ancora in voga nel ‘900 ma ormai caduto in disuso. Chi era costui? Sant’Egidio era un monaco, per molto tempo anche eremita. Siamo nella Francia del settimo secolo ed Egidio viveva vicino ad Arles, in un bosco, dove si nutriva del latte di una cerva. Quando i cacciatori la inseguivano, la cerva si rifugiava nella grotta del santo.

Fu così che un giorno il re, cacciandola, colpì in realtà con la sua freccia Egidio che accettò le sue scuse ma non i suoi doni. Il re, attratto dal carisma del personaggio, tornò a fargli visita e a poco a poco si lasciò plasmare dalla grazia. Egidio accettò allora di diventare abate nel monastero da lui fondato. È invocato contro le malattie mentali, i deliri febbrili e le fobie.

Per i malanni dei bambini c’è invece il loro grande amico san Nicola da Tolentino, frate agostiniano del XIV secolo commemorato il 10. I suoi genitori, senza figli, ebbero la grazia d’averlo in tarda età. Fattosi prete, visse sessant’anni ed è ricordato per la sua mitezza e semplicità, ma fu anche un valente esorcista. Nell’icono-grafia è raf-figurato con un astro al centro della tonaca nera, perché si racconta che un sole splendente lo seguisse senza sosta nei suoi movimenti illuminandolo tutto.

Il 17 ricorre la festa di una donna dalla personalità straordinaria, Hildegarda di Bingen. Fu teologa, poetessa, drammaturga, musicista, inventrice di una lingua universale sconosciuta (e per questo poi nominata patrona degli esperantisti), astronoma, scienziata e cultrice dell’arte medica, profetessa a cui s’inchinava anche il terribile Federico Barbarossa scrivendole: «Ciò che mi hai predetto durante il nostro incontro a Ingelheim è avvenuto» e, quando l’imperatore nominò prima uno poi un altro antipapa, lei lo strapazzò per benino mettendogli per iscritto che si stava comportando «da bambino, anzi da pazzo».

Nel suo monastero lei e le sue monache curavano con le erbe indifferentemente uomini, donne e bambini; per questo è invocata in ogni tipo di malattie e novecento anni dopo, nel 2012, papa Benedetto XVI l’ha finalmente proclamata “dottore della Chiesa”.

Un’altra donna di grande tempra è commemorata il giorno dopo, il 18, ed è santa Riccarda. Fu moglie dell’imperatore Carlo il Grosso. Si era già distinta come benefattrice dei bisognosi e di monasteri, quando fu ingiustamente accusata di adulterio. Il suo presunto amante, il vescovo di Vercelli Liutvardo uomo molto stimato per la sua irreprensibilità, negò sotto giuramento le accuse, mentre Riccarda chiese e ottenne di essere sottoposta al “giudizio di Dio”: camminò senza bruciarsi sui carboni ardenti; ma poi piantò subito il marito, che morì pochi mesi dopo.

Si trasferì quindi in un monastero dove visse in pace soccorrendo i poveri e scrivendo poesie. Per quest’episodio è invocata per i problemi ai piedi.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di ottobre 2016)

OTTOBRE

Apertura alla grande del mese di ottobre con il 2 dedicato agli angeli custodi. Chi non ricorda quella preghiera legata all’infanzia, “Angelo di Dio che sei il mio custode …”?

Un’invocazione che ci consegnava al sonno la sera disattivando ansie e paure, aprendo spazi infiniti alla nostra immaginazione.

E proprio la legge italiana, che ha fissato per questo giorno il festeggiamento dei nonni, compie 10 anni.

In effetti, chi meglio di una nonna, di un nonno può ricoprire il ruolo di angelo custode terrestre del suo nipotino? Chi meglio di loro può custodire con le proprie attenzioni la salute d’un bambino? Chi meglio di loro può consolare per un ginocchio sbucciato, una febbre improvvisa, un mal di pancia? Chi meglio di loro può rassicurare se un dentino scrolla?

Per gli stress dei più grandi c’è invece santa Flora di Beaulieu, festeggiata il 5. Visse nel XIV secolo ed entrò, contro il parere dei suoi nobili genitori che avevano progettato per lei un matrimonio di convenienza, in convento. Qui dovette però lottare non solo con le malattie ma anche contro prove e tentazioni di ogni genere che superò grazie alle apparizioni di Gesù, avendo numerose esperienze mistiche come la levitazione e l’estasi.

Il 15 ricorre poi la commemorazione di un’altra santa di statura eccezionale, Teresa d’Avila (XVI sec.), una delle quattro donne dichiarate “dottore della Chiesa”. Donna di carattere indomito, anche lei entrò contro il parere della famiglia in monastero, arrivando a riportare l’ordine carmelitano alla primitiva purezza. Con le sue dodici compagne formò il primo nucleo delle “carmelitane scalze” e fondò dodici monasteri. Nella storia della Chiesa Teresa è stata la prima donna a scrivere in modo sistematico sulla vita spirituale; la sua opera più celebre è Il castello interiore, itinerario dell’anima in cerca di Dio; per la sua passionalità è invocata per il mal di cuore.

Il giorno dopo, il 16, tocca a un monaco dal nome curioso, Gallo. Era uno dei dodici irlandesi che accompagnarono san Colombano (la “Colomba bianca” venerata anche dalle nostre parti perché salita al cielo a Bobbio). Durante le loro peregrinazioni nell’Europa occidentale, Gallo fu costretto da motivi di salute a fermarsi nell’odierna Svizzera dove fondò un monastero primo nucleo della futura città di San Gallo. Questo santo eremita è protettore contro la scabbia.

Per il 29 ottobre abbiamo un’altra storia che ha corrispondenze con quelle di Flora e Teresa. La protagonista, Ermelinda (VI sec.), era anche lei una vergine che apparteneva a un’agiata e nobile famiglia. Al matrimonio preferiva la contemplazione nella solitudine, per cui andava in chiesa di notte, a piedi nudi.

Due fratelli, invaghitisi di lei, tentarono di rapirla ma  un angelo la protesse dalla loro aggressione. Evidentemente in quell’occasione dovette scappare scalza dal momento che è invocata per le ferite agli arti.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di novembre 2016)

NOVEMBRE

Il è la festa di tutti i santi: eccezionale per ogni tipo d’intercessione, ma anche il 2 lo è altrettanto perché chi c’è già passato non abbandona chi è ancora “in questa valle di lacrime”. Per il resto di questo mese tradizionalmente nebbioso, piovoso e uggioso ci sono però anche tanti altri aiuti dal Cielo.

Al 3 abbiamo subito un medico, Martino de Porres (XVI sec.). Chi è costui? Il primo mulatto a essere canonizzato dalla Chiesa. Nato a Lima (Perù) da un hidalgo spagnolo e una nera, non fu subito riconosciuto dal papà perché con la sua pelle cioccolata assomigliava troppo alla mamma. Juan, il padre, divenne governatore e la madre, Anna, trasmise a Martino le sue conoscenze erboristiche. A sedici anni il ragazzo entrò nell’ordine domenicano dove curava con grande amore le persone come chirurgo, infermiere e guardarobiere. All’epoca vigeva una legge che impediva “agli indiani, ai neri e ai loro discendenti” d’entrare a far parte di un ordine religioso per cui Martino vi fu associato come fratello laico nonostante fosse notoriamente il figlio dell’alto funzionario statale.

Martino estese la sua opera al di là delle mura del convento agli ammalati di tutta la capitale, fondando anche un orfanotrofio e altre strutture di accoglienza. È invocato per le ferite.

Un altro Martino (di Tours, IV sec.) lo troviamo all’11. È quello che tradizionalmente ci porta qualche sprazzo di sole (“l’estate di san Martino”), secondo il noto episodio: era soldato e faceva un freddo intenso quando vide per la strada un uomo seminudo e tremante; non ci pensò un solo istante e con la spada tagliò in due il suo mantello dandone metà a quel poveretto. I giorni successivi regalarono a tutti un ritrovato tepore. Questo santo d’origine ungherese, figlio di un militare nonché tribuno pagano, è invocato per la dissenteria perché – si sa – quando il freddo colpisce la pancia …

Possiamo considerarlo un obiettore di coscienza ante litteram perché era stato il padre a obbligarlo ad accedere alla milizia, ma lui si rifiutava di combattere. Accusato dallo stesso imperatore di vigliaccheria, aveva risposto che avrebbe affrontato l’esercito avversario da solo e disarmato. Ma quando gli fu davanti proprio in quel momento i nemici si decisero a chiedere la pace. Combatté a suo modo altre battaglie, come esorcista. Nominato suo malgrado vescovo di Tours, fece quello che ai nostri tempi fa anche papa Francesco: invece d’andare ad abitare nella sede episcopale, visse prima in una celletta a fianco della cattedrale e poi fuori città dove fondò un’abbazia.

Il freddo dà, tra gli altri malanni, cali di voce e per questo problema incontriamo al 22 la giovane martire Cecilia (patrona dei cantanti, vissuta a cavallo tra il II e il III secolo). Essendosi votata al Signore ma essendo stata obbligata da suo padre a sposare il nobile Valerio, la stessa notte delle nozze convertì il marito al cristianesimo e, dopo di lui, anche il cognato e tanti altri amici e conoscenti.

Scoperti, non abiurarono e furono condannati a morte: Valerio, suo fratello Tiburzio e il commilitone Massimo furono torturati e poi decapitati, mentre per Cecilia si decretò il soffocamento nella sua stanza da bagno, ma lei non morì e dovette essere chiamato il boia per decapitarla; dopo i rituali tre colpi di spada, Cecilia era ancora viva e fu lasciata morire per dissanguamento.

Maria Luisa Eguez

(da Ameglia Informa di dicembre 2016)

DICEMBRE

Cominciando dal , troviamo Eligio, nato verso la fine del sesto secolo vicino a Limoges e nominato, per la sua esemplare onestà e la bravura nel lavorare i metalli, capo della zecca del re Clotario. Diventato ricco per la sua prestigiosa carriera a corte, faceva tuttavia grandi elemosine e davanti al suo portone c’era sempre una folla di poveri in attesa del suo aiuto. Attratto dalla vita claustrale, fondò numerosi monasteri ma il re volle sempre tenerlo vincolato a sé nel servizio.

Nominato vescovo predicava il Vangelo con gran fervore e raccomandava alla gente, in caso di malattia, di non consultare mai maghi o indovini. Quando la regina assunse l’incarico di reggente, egli la affiancò e sostenne. È invocato per la tubercolosi intestinale e, malanno legato a questo momento di passaggio dall’autunno all’inverno, per l’otite.

Più famosa di lui, almeno da noi, è però santa Bibiana (o Viviana) che è legata al noto proverbio meteorologico per cui se piove il 2 dicembre pioverà “per quaranta giorni e una settimana”. Vissuta a Roma nel quarto secolo, secondo la tradizione appena quindicenne subì il martirio con tutta la sua nobile famiglia sotto l’imperatore Giuliano. È invocata per il mal di testa.

Altra famosa martire dei primi secoli è Lucia, vissuta a Siracusa a cavallo fra il terzo e il quarto secolo. Durante l’impero di Diocleziano le furono cavati gli occhi e poi venne decapitata per non aver voluto abiurare alla fede cristiana. Celebrata ora il 13, prima dell’introduzione del calendario gregoriano la sua ricorrenza coincideva pressoché con il solstizio d’inverno; quale “festa della luce” (Lucia deriva da “lux, lucis”, appunto “luce”) trova corrispondenza nell’ebraica Hannuchah e in altri riti pre-cristiani. Non solo nell’Europa del Nord ma anche in varie località italiane santa Lucia porta doni ai bambini come Babbo Natale.

Ovviamente è protettrice della vista, ma probabilmente pochi sanno che sempre per la vista è invocata analogamente un’altra santa anche lei festeggiata il 13 dicembre, Odilia. Nata cieca in Francia verso la fine del VII secolo da una nobile famiglia, il padre voleva per questo motivo ucciderla ma la madre riuscì a salvarla accettando che fosse mandata via di casa e che ne fosse nascosta la vera identità. Allevata in un convento, a dodici anni non era ancora stata battezzata. Il vescovo locale sognò una notte di impartire il battesimo ad una ragazzina cieca e che questa recuperava subito la vista. Così fu e la bambina fu chiamata Odilia, cioè “Figlia della luce”. Odilia si fece monaca e si mise ad assistere gli ammalati ma soprattutto i portatori di handicap. Come Bibiana è invocata per i mal di testa e come Lucia per i problemi legati alla vista.

Tutti infine sanno che il 26 è la ricorrenza di santo Stefano protomartire (termine che significa appunto “primo martire”), ma quanti sono a conoscenza del fatto che perfino lui è un protettore contro i mal di testa? Stefano fu lapidato a Gerusalemme il 26 dicembre del 36 e il suo martirio è raccontato negli Atti degli Apostoli ai capitoli 6 e 7. La correlazione fra la lapidazione e i mal di testa risulta evidente.

Maria Luisa Eguez