In Internet, la più grande enciclopedia di tutti i tempi, compare solo il luogo dove nacque e l’anno, ma non il giorno e il mese. Forse dopo questo articolo aggiorneranno la voce perché Sandro Fascinelli, il nostro direttore, l’ha ritrovata all’anagrafe di Ameglia, il suo luogo natale. Venne alla luce martedì 9 novembre 1920 e noi qua festeggiamo il centenario di Gino Patroni che fu tante cose, anche diverse fra loro (scrittore, giornalista, umorista) ma che si raccoglievano sotto i comun denominatori della penna e di una verve arguta e salace con cui esaminava e commentava i casi della vita, a cominciare dalla sua.
Ad esempio, quando trova lavora in un giornale di Milano: la città dove tutti vanno per ammirare la Madonnina o il Cenacolo. T’immagini che pure lui trascorra il tempo libero andando a visitare le bellezze del centro lombardo, e invece no. Per il Gino l’unica cosa notevole di quel posto di nebbie, l’unico posto dove andare era la stazione ferroviaria. Non perché gli piacesse particolarmente l’opera architettonica, ma perché quel luogo deteneva il grande merito che da lì partivano i treni per la Spezia, il suo golfo, il suo sole. Era questo il suo stilema, il modo irrisorio, a volte anche feroce, con cui frugava nelle pieghe della vita per trovare nella varietà delle cose la chiave per decifrare e spiegare il presente.
Senza mai dimenticare, peraltro, la volontà canzonatoria che mai gli fece difetto uso a mostrare la linguaccia senza rispetto per nessuno.
Ungaretti s’infuriò ferocemente per il cambio di consonante che muto la valenza esistenziale di “Ed è subito sera” in un brontolio dello stomaco vuoto che non s’accontentava della povera pera con cui aveva termine una cena eccessivamente frugale.
Quanti sono gli aforismi di Patroni e noi li conosciamo tutti a memoria, dai più banali agli, chiamiamoli così, scollacciati. Ma se anche sembravano arditi, erano pur sempre contenuti nel rispetto di chi li leggeva: non voleva offendere con la facile battuta da trivio, ma solo suscitare nel lettore voli di fantasia.
Dice di un bacio turbinoso con un’altoatesina e ne spiega il perché: è bilingue.
Battuta che rientra a pieno merito nella tradizione di “quel giorno più non vi leggemmo avante” o de “la sventurata rispose”: la parola apre scenari che vengono disegnati dal libero arbitrio di chi la legge.
Non paia irrispettoso aver comparato i Due Grandi con la gloria locale.
È solo la capacità affabulatoria, suscitare il fascino facendolo scaturire dalla notazione veloce e inaspettata, effetto che nella penna di Patroni diventa spesso corrosivo.
Noi lo ricordiamo per i suoi citatissimi e meritatissimi calambour, ma un giusto giudizio su di lui non dimentica che fu anche giornalista e scrittore, pagine in cui il Gino ci tramanda una Spezia sconvolta nelle sue fondamenta dal progresso che la perde irrimediabilmente.
Però, anche nello scrivere i testi “seri”, non dimentica mai la sapidità che dà il gusto e che è, in definitiva, la sua cifra scrittoria.
Se ne andò ventotto anni fa ma fra poco ne avrebbe compiuti cento.
Ci fosse ancora, adeguerebbe al presente l’ultima battuta dicendo che lo Spezia, raggiunta finalmente la massima serie, va a giocare a Cesena: il distanziamento sociale degli aquilotti.
Alberto Scaramuccia
Gino Patroni: alcuni suoi calembour
Incidente di strada e di tipografia
“Per un errore di stampa esce illuso da uno scontro d’auto”.
Accadde in Siberia
“Una spia svenuta dal freddo”.
Rassegnazione
“Se un flacone di prezioso e costoso profumo vi sfugge di mano e va in frantumi tutto è perduto fuorché l’odore”.
Inserzione
“Delinquente professionale impartisce lesioni private”.
Tam-tam
“Musica da Camerun”.
Lamento di mucca
“Sento odor di brucato”.
Lettera dal confino
“Ti scrivo sotto dittatura”.
Suicidio di insetto
“Stanco di vivere si butta dalla ginestra”.
Raffreddore
“La goccia che fa traboccare il naso”.
Mensa popolare
“Una zuppa di verdura ed è subito pera”.
Detto olandese
“Menare il can per Rotterdam”.
Cherchez la femme
“Diogene non sapendo il francese preferiva cercare l’uomo”.
Diogene
“Si aggirava ogni notte nelle vie d’Atene con un lume gridando: «Cerco l’uo-mo!». Smise di cercare quando qualcuno da una finestra
urlò: «Finocchio!»”.
Curriculum
“Nacque, piacque, nocque, spiacque, tacque, giacque”.
Confessione di becchino
A notte fonda sui vialetti del cimitero ho incontrato il fantasma asma, asma, asma di un fumatore”.
Il 1° della classe
“Mio figlio è il primo della classe, entrando”.
Lamento di pastore
“Di notte non dormo perché conto le pecore”.
Desiderio
“Ultimo re dei Longobardi. Secondo Tennessee Williams era un tram”.
Apparenze
“Non è vero che i cassieri in banca siano gli uomini che contano di più”.
Non c’è amore senza pene
“Dico male o dico bene?”
Lesbica
“Una donna che non capisce un cazzo”.
Purganti:
“L’imbarazzo della sciolta”.
Fatalità
“La mia prima comunione l’ho presa a Ostia”.
Coincidenze
“Al salone dell’auto ho incontrato un auto-didatta.
Matematico in trattoria
“Cameriere, un radicchio quadrato”.
Sovrapposizione
Se la donna è mobile, l’uo-mo è sopramobile
Confessione di sarto
Mi son fatto un travestito…
Amore e fornelli
Il cuoco ha preso una cotta.
Viaggio di nozze
In Pomerania passeremo la nostra Luna di Mele.
Fatalità
Trombettiere s’innamora di una ragazza-squillo.
La riforma di Lutero
Cominciò alla visita di leva.
Risorgimento gastronomico
Al ristorante Giuseppe Mazzini comandava immancabilmente la “Carbonara”.
Tricofilia
La caduta più silenziosa è quella dei capelli.
Chiarimento
Le circostanze non sono stanze circolari.
Emulazione
Dio non paga il sabato. Altrettanto le banche.
Sfratto
Casa mia casa mia per piccina che tu sia, il padron mi manda via
Eccezione
Il mal tolto non sempre è reato. Per esempio può essere un dente cariato.