Da AMEGLIA INFORMA di settembre e ottobre 2020
Nelle maggiori navi per emigranti dei primi del 1900 anche se le condizioni igieniche non erano perfette gli emigranti raggiungevano la loro meta nel Sud o Nord America in discrete o buone condizioni.
La ristrettezza dello spazio e l’affollamento dei locali, oltre ai problemi di conservazione dei viveri e dell’acqua, ma anche la loro distribuzione a bordo non assicuravano una igiene completa. Sebbene le epidemie non venivano generate a bordo, il germe era portato da terra e la diffusione era disastrosa.
Alla fine del 1884, il colera imperversava a Napoli e nelle province meridionali. Il 2 Ottobre 1884 il piroscafo Matteo Bruzzo comandato da Michele Morteo salpava da Genova per il suo ottavo viaggio al Plata. A bordo una settantina di passeggeri di classe ed un migliaio di emigranti in gran parte provenienti dal Mezzogiorno.
Alcuni giorni dopo il carbonamento a Las Palmas scoppiò a bordo il colera. Ventidue emigranti morirono e molte centinaia caddero ammalati. La nave si presentò all’alba del 1 Novembre 1884 a Montevideo innalzando la bandiera di quarantena. Si staccò da terra il battello della dogana con due funzionari uruguaiani, accompagnati dall’agente Christofersen della Veloce.
Al Matteo Bruzzo fu inibito l’approdo, con l’obbligo di rimanere ai limiti delle acque territoriali, rifornito con viveri, carbone e medicinali, vigilato da una unità militare pronta sparare.
Non accettando questa soluzione, l’indomani il Matteo Bruzzo ripartiva con il suo triste carico e ritraversava l’Atlantico a tutta forza giungendo il 13 Novembre a Gibilterra ove riceveva rifornimento e l’ordine di recarsi a Pianosa per la quarantena. Vi giunse dopo 6 giorni e si ancorò in rada, rimanendovi sino al 22 Gennaio 1885. Il giorno dopo arrivò a Genova. Il 25 Febbraio si recava a La Spezia per la pulizia della carena ed il 5 Marzo riprendeva di nuovo il suo posto in linea.
Argentina ed Uruguay vietarono immediatamente l’approdo di navi provenienti da Genova e Napoli anche se non vi fossero malati a bordo. Le navi già in viaggio potevano però approdare, dopo un periodo di quarantena, computato dalla data di partenza da Genova. Ciò avvenne per il Perseo che scontò 50 giorni di isolamento. Lo Scrivia si presentò il 7 Dicembre ed una nave militare argentina gli intimò di allontanarsi pena il cannoneggiamento. Fece quindi rotta per Montevideo dove fu ammesso e poi scalò a Buenos Aires dopo 4 giorni di osservazione sanitaria.
Il caso del Matteo Bruzzo dette origine a molte dicerie e calunnie a carico della società armatrice e del personale di bordo. Si fece al rientro un indagine che dimostrò che tutto il personale e tutti i servizi funzionarono regolarmente. Gli ammalati di colera furono 40 e di essi solo 22 morirono in navigazione e furono sepolti in mare. Nessuno si ammalò nel viaggio di ritorno. La causa del morbo risaliva a germi portati e non originati a bordo.
Sempre nel 1894 si ebbe un altro caso di colera sulla nave Carlo Raggio, nave da carico adattata al trasporto emigranti. Dopo aver navigato per il Brasile per conto della Veloce era passata a noleggio al Gavotti. Al comando di Scipione Cremonini, commissario Berlingieri, medico Giovanni Buscaglione imbarcò a Napoli 1.400 emigranti. Quando si trovava a 300 miglia da Napoli scoppiò il primo caso di colera a bordo, ma il comandante volle proseguire comunque il viaggio. Il contagio si estese rapidamente, scarsamente curato con i pochi mezzi disponibili a bordo ed in pieno Atlantico si iniziò a seppellire i morti in mare. Cominciò a serpeggiare un vivo malcontento tra gli emigranti e vi furono episodi di insubordinazione al comandante, repressi con energia.
Il Carlo Raggio giunse a Rio de Janeiro e fermato per quarantena all’Isola Grande, ove già erano il Remo partito da Napoli il 2 Agosto con 1.600 emigranti ed il Vincenzo Florio con 1.400 emigranti. Le navi potevano solo ricevere rifornimenti di carbone, viveri e medicinali. Tutte le 3 navi dovettero tornare indietro.
Il Carlo Raggio partì per primo attraversando l’Atlantico. A Tarifa gli fu ordinato di andare in rada all’Asinara ove giunse il 27 Settembre 1894. Il ritorno fu più tragico dell’andata, perché oltre al colera scoppiò un epidemia di morbillo, con 200 morti ed altri 200 ammalati. Sbarcati i passeggeri rimasti sani e fatte le debite disinfezioni giunse a Genova alla fine di Ottobre con a bordo 400 passeggeri delle regioni settentrionali. La nave tornò poi all’originario servizio merci.
Il Remo ed il Vincenzo Florio arrivarono anch’essi all’Asinara il 10 ed il 28 Ottobre.
Il Remo aveva avuto complessivamente 37 casi letali tra passeggeri ed equipaggio, molti durante la quarantena all’Isola Grande. Quando la nave giunse a Genova gli emigranti superstiti tributarono una grande manifestazione di simpatia al Dott. Luigi Ghiglino medico di bordo che li aveva amorevolmente curati. La nave continuò il servizio con il nome di Parà e poi come Minas per evitare cattivi ricordi.
Il Vincenzo Florio comandato da Vincenzo Zanelli ebbe una ventina di morti. Durante il periodo dell’Asinara vi furono tumulti di emigranti contro il comandante e fu necessario inviare la nave militare Affondatore. Il Zanelli, incolpato di aver ecceduto nel mantenere la disciplina, fu poi assolto dal Tribunale di Genova.
Per il Carlo Raggio, dopo una laboriosa istruttoria, nel 1899 furono rinviati a giudizio il comandante Cremonini, il medico di bordo Buscaglione, il commissario Berlingieri, un capostiva ed un infermiere, essendosi costituiti diversi emigranti. Dopo un dibattito con 11 udienze, il comandante Cremonini fu condannato a tre mesi di detenzione, pene maggiori al capo stiva e l’infermiere. Il Gavotti, noleggiante la nave, fu ritenuto responsabile a risarcire le parti lese.
La febbre gialla infieriva invece in Brasile allo stato endemico e durante la sosta a Rio ed a Santos i germi erano facilmente introdotti a bordo.
Il morbo si manifestava alcuni giorni dopo la partenza, in pieno Atlantico, curato con inadeguati mezzi di bordo. Scaturivano quindi piccole epidemie con qualche decina di casi, tra cui qualcuno letale.
Non si trattava di tragedie come con il colera, ma all’arrivo a Genova si mandava la nave all’Asinara, con forte danno del vettore che non disponeva subito della nave per la rotta inversa.
La lista delle tragedie della febbre gialla si estende per una diecina di anni. Uno dei primi casi è quello del Colombo dell’Italo Brasiliana. Partita da Santos per Genova il 12 Febbraio 1891 con 1.027 emigranti di ritorno ebbe 15 casi letali. All’Asinara si trovò assieme al Città di Genova, ma tra Aprile e Giugno dello stesso anno vi stazionarono il Duchessa di Genova che aveva avuto 5 morti, il Solferino con 4 morti ed il Manilla con 7 su una quarantina di ammalati tra cui il Comandante Canepa.
La febbre gialla in Brasile in certi anni diminuiva per poi aumentare d’intensità e non tutti gli anni si avevano amare sorprese nei viaggi di ritorno. Il 1892 fu un anno calmo, non così il 1893 con l’Arno ed il Washington all’Asinara, oltre al Colombo che aveva avuto 11 decessi tra cui il primo ufficiale.
Il 27 Maggio 1895 sostava all’Asinara l’Alacrità con 10 deceduti oltre al primo ufficiale ed il primo macchinista.
Dopo anni di tregua nel Maggio 1898 il Colombo per la terza volta sostò all’Asinara a causa di 20 casi letali. L’ultima unità in sosta all’Asinara fu il Raffaele Rubattino nell’Aprile 1900, di ritorno dal Plata.
Da quell’anno in poi i casi di epidemia di febbre gialla divennero rari.
Flavio Testi