(da Ameglia informa di marzo 2025)

Il cuoricino della Contessa

L’8 marzo, la giornata della liberazione della donna che ricorre giusto fra una settimana, non era ancora stata inventata ma Virginia la anticipa vivendo una vita certo chiacchierata ma interamente condotta alla ricerca dell’affermazione personale. A dare conferma di questo anche la trasmissione di Rai3 che, qualche giorno fa nella rubrica mattutina La Storia siamo noi che ha ripreso il Mixer di Giovanni Minoli, ha dedicato una puntata alla Contessa di Castiglione, la Virginia Oldoini che abitava il palazzo in piazza Sant’Agostino alla Spezia e che da lì prese il volo verso cieli più prestigiosi. L’argomento è più che noto, lo si è già ampiamente affrontato su queste colonne ma le informazioni fornite da quella trasmissione inducono a dirne ancora. Per un paio di motivi.

Innanzitutto, Virginia è per chi abita questa landa quasi un eroe eponimo che solo con il suo nome illustra l’intero territorio. A torto o a ragione, su questo si può discutere, ma quando si tratta di un personaggio che diventa epos, la saga inevitabilmente prevale sulla reale consistenza delle cose.

A Virginia conviene essere affezionati perché l’epica è un collante che lega un territorio al di là delle differenze che fisiologicamente esistono fra chi lo abita. E noi di epica ne abbiamo ben poca, non sciupiamo quella che magari con qualche fatica ci siamo creati. Inoltre, la Divina Contessa come la chiamò il suo primo fan, anticipò i tempi fornendo della donna un’immagine avveniristica per l’epoca: libera dalle convenzioni, spregiudicata, volitiva, smaniosa di affermare la propria personalità in un mondo in cui la femmina era considerata dal maschio solo come riproduttrice o giocattolino.

Alla trasmissione di Rai3 sono intervenuti diversi esperti. Uno di questi era Grazia Crepaldi, una grafologa che ha spiegato come già nella sua scrittura Virginia evidenzi i caratteri marcati di una personalità desiderosa di affermarsi su chi le sta attorno, non importa se questi sia l’Empereur di Francia. La studiosa ha facile gioco nell’evidenziare il corpo alto delle lettere come manifestazione della persona che vuole primeggiare sugli altri svettando al di sopra delle loro teste. Ma aggiunge un particolare non indifferente. Virginia, quando scrive, non rispetta i bordi ma riempie di fatto integralmente il foglio non lasciano quasi spazi vuoti. E quando le serve altro spazio per scrivere non esita a riempire quei pochi spazietti rimasti liberi scrivendo anche dall’alto in basso, trasgredendo, cioè, la regola non scritta che la lettura va sempre facilitata. Ma quando è necessario, la norma si viola. Nella grafologia il foglio su cui si verga è la rappresentazione dell’ambiente: rompere quella norma manifestava la voglia di uscire dagli schemi rompendo la convenzione. Identica cosa vale per le sue mise, sempre al limite, sempre osé. Ad un gran ballo a corte Virginia si presenta con un abito trasparente, sotto nulla, un gran cuore sull’inguine.

L’Imperatrice osserva che il cuore è troppo in basso, lei ribatte che il suo cuore batte ovunque. Sta di fatto che irretisce l’Imperatore con cui ha una liaison tormentata. Una sola notte, comunque, i due amanti trascorsero insieme. Lei indossava una négligé che portò solo in quell’occasione: una camicia da notte di seta verde che conservò sempre custodendola in una boccia di cristallo. Era una nuvola verde che mostrava agli ospiti affermando che quello era il tricolore. Un vanto per dire, magari millantando, che l’Italia non s’era fatta solo sui campi di battaglia.

Alberto Scaramuccia