(da Ameglia Informa di gennaio.febbraio 2025)
I partigiani nati in territorio amegliese che nel dopoguerra chiesero e ottennero il riconoscimento di partigiani furono in tutto ventotto (nel caso dei caduti il riconoscimento fu chiesto dai familiari e/o dai compagni di brigata). Dodici di loro facevano parte delle Sap (Squadre di azione patriottica), attive in pianura; dieci della Brigata garibaldina Muccini, operante dal settembre 1944 sulle alture della Val di Magra. Furono quindi o sappisti o membri della Muccini i partigiani autori dell’azione ad Ameglia del 26 ottobre 1944, per prendere prigioniero il brigatista nero Amore, per farne oggetto di uno scambio di prigionieri. Le testimonianze raccolte ad Ameglia raccontano che Amore riuscì a evitare la cattura e che i partigiani presero prigioniero un altro fascista, Guido. Costui, in località Crociata, si ribellò: non volle più camminare. Fu ucciso per questo, e perché aveva riconosciuto i partigiani, evidentemente amegliesi, e li avrebbe quindi denunciati.
Amore, quando seppe dell’uc-cisione, gridò in dialetto: “Per uno di noi ne ammazziamo dieci di loro”.
Scattò il rastrellamento per rappresaglia, guidato dai fascisti amegliesi. A operare fu il reparto della Brigata Nera Tullio Bertoni della Spezia, presumibilmente del 1° battaglione.
I fascisti rastrellarono molti amegliesi e cittadini delle zone circostanti e li portarono al bivio per il paese, in una casa. Tanti si salvarono perché conoscevano i fascisti, secondo alcuni. Secondo altri perché li pagarono in denaro. In quattro non sfuggirono e furono uccisi: Sergio Gugliemoni, diciannove anni, di Ameglia; Duilio Bernardini, quaranta anni, di Ameglia; i fratelli Luigi e Felice Landi di Lerici, ventitré e vent’anni.
Sergio Guglielmoni non era un partigiano ma un civile, renitente alla leva. Aveva aderito alla Repubblica di Salò, poi aveva disertato e si era nascosto in un pollaio. Forse, come vedremo, era stato arrestato quattro giorni prima.
Duilio Bernardini, racconta il nipote Paolo Barsotti, stava in Marina, poi non aderì alla RSI. Rimase a casa, a lavorare i campi e a pascolare le pecore. “Gli altri hanno pagato per aver salva la vita, lui non aveva i soldi”, spiega Barsotti. Sono sempre i più deboli a pagare.
Come Guglielmoni, come i fratelli Landi, renitenti alla leva, sorpresi a zappare la terra alla Rocchetta di Lerici. Probabilmente collaboravano con i sappisti locali. Una testimone raccontò che le pallottole avevano lasciato sui loro volti buchi rotondi, uno in mezzo alla fronte, altri alle tempie, e che da mani pietose erano stati puliti dal sangue. Ai piedi portavano i loro zoccoletti da lavoro.
Bernardini fu ucciso in via Crociata, presso un argine. I tedeschi raccolsero i corpi dei morti e li misero su un carretto. A volte i nazisti erano più umani dei fascisti.
“Le donne lavarono il corpo di mio nonno – racconta Barsotti – gli uomini prepararono la bara per i funerali in chiesa”.
Dulio Bernardini è riconosciuto come partigiano della Muccini dal 15 agosto 1944, ma il nipote dice che non lo era. Probabilmente fu inserito per pietà, perché la famiglia avesse qualche beneficio. Non so se poi lo ebbe: se lo ebbe, fu meritato.
Nel dopoguerra furono processati dalla Corte d’Assise Straordinaria della Spezia per la loro partecipazione alla rappresaglia di Ameglia il milite Ferruccio Poggi (condannato a dieci anni) e il tenente Mario Pratici (con-dannato a morte per altri reati).
Poggi, amegliese, fu amnistiato il 22 giugno 1946. Anche Pratici se la cavò con poco.
La sentenza della Corte di Assise Straordinaria su Poggi rivela particolari inediti sulla strage. Poggi fu accusato di aver preso parte come milite della Brigata Nera ai rastrellamenti ad Ameglia del 22 e del 26 ottobre 1944 e a Ortonovo in un giorno imprecisato del mese di novembre. Poggi, iscritto al PFR, venne chiamato a far parte della 33ª Brigata Nera spezzina in qualità di semplice milite. Non partecipò in modo assiduo alle attività del corpo: si procurò, con l’ausilio di medici compiacenti, dei certificati che gli attribuivano dolori reumatici e lo esoneravano dal servizio.
Proprio nel periodo in cui si trovava a casa venne eseguito il rastrellamento del 22 ottobre di Ameglia – sul quale non abbiamo altre notizie – per cui non vi partecipò. Durante questo primo rastrellamento venne catturato Sergio Guglielmoni. Il 26 ottobre vi fu il secondo rastrellamento ad Ameglia al quale Poggi partecipò; non solo, secondo la testimonianza della sorella Elisa Guglielmoni si occupò proprio del trasporto del fratello catturato quattro giorni prima.
Molti testimoni videro Poggi sul luogo e parlarono con lui mentre si mostrava compiaciuto dell’azione che si stava svolgendo. Poggi non partecipò alla fucilazione ma scortò sul camion i prigionieri.
L’eccidio dei soldati americani il 26 marzo 1944; quello dei partigiani il 26 novembre 1944; quello dei civili sotto i bombardamenti alleati il 13 dicembre 1944: un piccolo paese come Ameglia ha conosciuto tutti i volti della seconda guerra mondiale, tutta la drammatica complessità della storia della guerra internazionale contro il nazismo e il fascismo. Studiando questa storia capiamo meglio che cosa fu l’articolo 11 della Costituzione, con quel termine così forte, “ripudiare”, riferito alla guerra. Fu la conseguenza della solenne condanna della guerra maturata dolorosamente nella transizione al postfascismo. La guerra di Liberazione nacque per porre fine a una guerra, e diventò sempre più movimento di liberazione da tutte le guerre, che condannava la guerra come male non riparabile. E voleva la ricerca della pace, come principio di civiltà contrapposto alla barbarie di ogni ideologia della morte.
Giorgio Pagano