(da Ameglia Informa di giugno 2024)
La Scuola media di Ameglia è intitolata a don Lorenzo Celsi (1867-1950) pievano di Ameglia (1892-1940) e parroco di Fiumaretta (1940-1950), un sant’uomo secondo la vox populi ma le testimonianze su di lui sono scarse, prese qua e là. Qualcosa di più ci ha detto don Cesare Giani a voce e nell’articolo seguente relativo al “Momento religioso di giugno”.
Molto ho appreso da Emilio Longhi che lo vide da bambino ma solo negli Anni ’90 raccolse dagli anziani del paese le loro testimonianze per scrivere il libro: “Il sacro e il profano” edito nel 1996.
Emilio partecipò con gli alunni delle scuole cattoliche delle suore figlie di San Francesco di Sales ai suoi funerali che si tennero all’inizio dell’Anno Santo 1950 nella chiesa di San Isidoro a Fiumaretta.
Don Lorenzo fu un interprete autorevole ed influente, del Vangelo, vivendo radicalmente la proposta evangelica, in continua disponibilità, anche al di fuori del suo servizio sacerdotale.
Ogni sua azione, ogni suo pensiero tendevano a spegnere le inimicizie, soprattutto tra famiglie,ed a creare nuovi argomenti di pacifica convivenza.
Molti, altolocati e la gente comune, si recavano da lui e si ponevano sotto la sua guida spirituale. Era un artista ed un maestro della vita evangelica e la espresse con il più grande degli esempi cristiani: la povertà. Ripeteva a chiunque: «Quando incontri un povero, ricorda che è Cristo che ti si presenta e ti chiede aiuto».
Lorenzo aveva venticinque anni quando venne ordinato sacerdote e dal vescovo di Luni mandato a compiere la sua missione sacerdotale ad Ameglia.
La gente del paese lo accolse con calore e gioia presagendo forse, già all’inizio del suo sacerdozio, che la vita del pastore degli umili avrebbe dato copiosi frutti di bontà in quell’angolo di terra lontana dagli occhi del mondo. Di aspetto gioviale, di carattere premuroso amava il prossimo più di se stesso.
La gioventù del paese ebbe una collocazione rilevante nella missione pastorale di don Lorenzo. Educava i giovani secondo la dottrina divina con un insegnamento carico di tanta umanità. Le premure che il parroco riservava loro, si concretizzarono con la costruzione del primo asilo che intitolò ai fatidici nomi di Trento e Trieste. L’idea, nata da un fortuito incontro del pievano con padre Federico, salesiano a Spezia, suggerì al frate la possibilità che suore di Lugo di Romagna potessero soddisfare i desideri di don Lorenzo.
Il teatrino, sorto nelle vicinanze dell’asilo per volontà del prete dei poveri, diventò il fulcro dei divertimenti leciti ed educativi della gioventù amegliese con grande sollievo per i genitori che, nella bontà e nell’intelligenza vivace del pievano, vedevano una guida sicura per i loro figli. Don Lorenzo si preoccupò anche della vita delle madri amegliesi, non soltanto, ebbe cura anche delle loro anime.
Volle e s’impegnò perché il paese avesse l’acqua, indispensabile nella vita quotidiana. Riuscì nell’impresa tanto sognata dalle donne del borgo in un contesto politico-amministrativo non sempre ben disposto alle giuste richieste del parroco.
Il Comune costruì l’acquedotto ed il paese ebbe l’acqua della sorgente della Fada, una grotta incontaminata, conosciuta da tempi immemorabili alle falde della collina della Rocchetta nascosta da arbusti, frassini e cespugli di mortella.
Si rivolse alla gente di ogni estrazione sociale e di ogni fede per risanarla ed indirizzarla verso la via della salvezza non esclusivamente dell’anima, ma all’uomo nella sua interezza, nella sua complessività corporale e spirituale incluse entrambe nell’opera salvifica e redentrice di Gesù Cristo.
Fu don Celsi che nel 1915 fece venire da Lugo di Romagna le suore per avviare l’asilo e le scuole elementari e medie. A tal fine acquistò una casa e del terreno attorno ad essa, sotto la chiesa parrocchiale e lì costruì un edificio che contenesse tutto.
Nella seconda metà degli anni sessanta, resosi fatiscente quell’edificio, le suore costruirono la nuova scuola al “fiume” e continuarono lì la loro attività. L’attenzione alle famiglie bisognose era opera discreta ma costante. Grande cura e tempo dedicava il parroco don Celsi alla scoperta delle possibili vocazioni sacerdotali tra i suoi giovani ed in questo coinvolse le Suore e i suoi parrocchiani. Ben otto furono i Sacerdoti usciti dalla scuola delle Suore che chiu-se definitivamente nel 2017.
Per sua iniziativa fu eretta la chiesa di S. Isodoro a Fiumaretta per assistere spiritualmente la gente dei campi. Venne eretta a parrocchia il 31 dicembre 1947 il riconoscimento civile il 14 settembre 1949, poco prima della morte di don Lorenzo
Sandro Fascinelli
MOMENTO RELIGIOSO su DON LORENZO CELSI
Conobbi Don Lorenzo Celsi quando durante gli studi classici nel Seminario di Sarzana, il mio Prof. di latino don Lino Crovara mi chiese se avessi potuto aiutarlo nel correggere le bozze delle raccolte dei suoi epigrammi in latino con traduzione italiana che stava per pubblicare.
Accettai volentieri e me ne sentii quasi orgoglioso perché, lavorare con don Lino, c’era sempre da imparare. Numerosi epigrammi avevano come soggetto un Sacerdote che non avevo mai conosciuto, così chiesi a don Lino chi fosse questo sacerdote. Brevemente mi rispose che don Lorenzo Celsi era un Sacerdote nato a Manarola, mandato dal Vescovo di Luni, parroco ad Ameglia nel 1892, successore di don Marcello Pietra, ove rimase con varie vicende fino al 1950.
Quando io nel 1994 fui nominato Parroco della pievania di San Vincenzo ad Ameglia, in occasione della Commemorazione dei Fedeli defunti, incontrai un giovane che deponeva un fascio di fiori sulla tomba di don Lorenzo, chiesi la motivazione, erano passati 44 anni dalla sua morte, ma ebbi una risposta vaga.
Passeggiando una sera con mons. Siro Silvestri – originario di Ameglia, mio Rettore in Seminario, vescovo emerito di Foligno e La Spezia ora in pensione nella casa paterna di piazza della Libertà – gli raccontai del giovane alla tomba di don Lorenzo. Mons. Siro mi precisò che dalla morte del ‘Pievaneto’ i fiori alla sua tomba non erano mai mancati, segno del ricordo e riconoscenza del bene che nella loro vita gli amegliesi tutti avevano ricevuto da don Lorenzo nel suo lungo ministero nella comunità parrocchiale.
Quando don Lorenzo diventa parroco di Ameglia, vive già in Ameglia come ‘curato’ e inserito pienamente può continuare i vari programmi del pievano Marcello e della Fabbriceria.
All’inizio del 1893 si concludono i lavori all’interno della chiesa parrocchiale con una grande partecipazione popolare tanto da richiamare il miracolo di San Pasquale, che agli inizi del 1700 aveva preservato il territorio di Ameglia dalla peste. Allora, in ringraziamento, costruirono l’oratorio, prima in onore a San Pasquale poi in onore di Santa Maria Assunta in cielo.
Recita una prima lapide; AI SIGNORI – CAB. FRANCESCO SLAVINI – COM. CARLO FABBRI-C0TTI – SIG. THOMAS ROESON CHE NEL 1982 REGALARONO DI MARMI QUESTA CHIESA – FABBRICERIA ED IL PAESE IN SEGNO – DI GRATITUDINE POSERO. AMEGLIA 11 FEBBRAIO 1893
Don Lorenzo e i collaboratori vedono la necessità di dare una dignità religioso–ecclesiale alla facciata, praticamente inesistente al-l’edificio religioso, l’eliminazione all’ingresso laterale privo di una qualche solennità, costruire una piccola piazza, necessaria per accedere alla chiesa e come un balcone sulla valle del Magra, con sullo sfondo la scenografia delle Alpi Apuane e, ultimo ma non meno necessario, lo spostamento del vecchio campanile da sinistra a destra in modo d’affacciarsi sulla vallata.
Don Lorenzo non si fermerà ed accanto alle opere pastorali nasceranno nuove opere delle quali le nostre Comunità Parrocchiale hanno ora la “comodità” di poter usare.
Don Cesare Giani
(da Ameglia Informa di luglio 2024)
Le lapidi di don Lorenzo sul campanile
Fonte della ricerca storica è la curiosità, quando poi il personaggio principale è il Pievaneto don Lorenzo Celsi che ha spaziato in tutta la nostra zona nella prima metà del secolo scorso subentra la memoria, la storia, la supposizione, ecc.
I documenti purtroppo sono scarsi, cerchiamo di seguire le ‘lapidi’ che ancora parlano chiaro, ma spesso costa fatica leggerle ed ancor più decifrarle.
Divenuto Parroco di Ameglia, don Lorenzo continua con la Fabbriceria Parrocchiale il progetto del suo predecessore: chiusura dell’ingresso alla chiesa su via Dante (esiste ancora la sovrapporta in lavagna), demolizione del campanile posto ad angolo della volta di accesso al Castello, costruzione della facciata della chiesa con relativa piazza e strada di accesso al ‘teatrino’ che tutti gli amegliesi ben conoscono, riposizionamento del campanile sulla vallata, con enormi campane affinché il suono giunga il più lontano possibile.
Riporto le due lapidi in ordine di data, viene da osservare che i lavori dovevano avanzare spediti e che potrebbe essere anche vero che tutta la popolazione lavorava senza risparmio per la manovalanza.
La facciata viene progettata ex novo con una ispirazione alla chiesa di Manarola alla quale don Celsi era molto affezionato. Vi si trovano elementi nuovi in marmo bianco di Carrara ed uno splendido portale di origine rinascimentale, purtroppo non ne conosciamo la provenienza,
Una seconda lapide, gioiosa ed entusiasta forse per la conclusone dei lavori, la troviamo nel campanile, spostato e ricostruito, forse perché il suono giungesse allora a tutta la campagna e ora alle popolazioni popolose di Cafaggio e Fiumaretta.
Dobbiamo porre attenzione a non ridurre don Lorenzo ad un muratore e ad un geometra, perché don Lorenzo mentre si preoccupava di avere i locali necessari e dignitosi per la vita parrocchiale, si preoccupava altresì di cercare persone consacrate o meno per realizzare scuole e Asili, attività formative per tutti, dai più piccoli ai più grandi, non solo per il centro storico sempre vivace, ma anche per le frazioni di Bocca di Magra e Fiumaretta che stavano diventando paese.
Don Cesare Giani
(da Ameglia Informa di novembre 2024)
Un aneddoto su don LORENZO CELSI
Leggo con un po’ di ritardo l’articolo di Ameglia Informa di giugno 2024 riguardante la figura di Don Lorenzo Celsi.
E subito mi viene alla mente un aneddoto su di lui che ogni tanto mi ricordava mia madre con devozione e simpatia nei suoi confronti. Ed anche un po’ di bonaria ilarità.
Mia madre, Paganini Mafalda, era del 1935 e lo conobbe bene soprattutto per un paio di motivi : il primo perché era molto devota e fin da ragazzina frequentava la chiesa ed il secondo perché la chiesa (come anche la scuola di Fiumaretta, ora asilo nido comunale) venne costruita sui terreni donati alla parrocchia da parte di suo nonno il cavaliere Andrea Paganini e costruita da suo padre Febo Paganini.
A causa di ciò il compianto pievano frequentava spesso la casa di mio nonno Febo, ed un bel giorno si presentò alla porta con un dito tutto gonfio e rosso ed il viso contratto dal dolore.
Mio nonno gli aprì e questi, senza neanche i saluti di rito , apostrofò Febo dicendogli “o Paganin pigé ‘n po’ ‘r fauzin e tagieme sto dido che l’è tre o quatro giorni che a nen poso pù.” (O Paganini prenda il falcino e mi tagli questo dito che sono tre o quattro giorni che non ne posso piu’).
Chiaramente mio nonno non ubbidì e mia nonna Maria (Maria Marchini) gli diede piuttosto un unguento per fare cessare il problema. Quante volte abbiamo sorriso di ciò!
Marco Vanello