(da Ameglia Informa di gennaio-febbraio 2024)
Come abbiamo visto nei precedenti articoli di Ameglia Informa, nel periodo bellico 1939-1945, essendo stata Ameglia sede di importanti fortificazioni a difesa del porto della Spezia e poi della Linea Gotica, fu sempre sotto un pressante controllo nazifascista che non dette possibilità di avere una benché minima forma di protesta o di resistenza al potere autoritario esistente.
I pochi irriducibili furono costretti a fare la loro resistenza altrove. A parlarcene è stato Alberto Rolla, consigliere comunale socialista ad Ameglia per cinque consigliature dal 1970 al 1995. Così ci racconta:
“Dopo la caduta del fascismo e l’armistizio, i partigiani furono due: mio padre Luigi Rolla (socialista) e Cesare Silvestri (comunista) di Montemarcello che fecero parte della brigata partigiana Ugo Muccini dal nome dell’omonimo antifascista arcolano che la costituì.
Sovversivo uno: Luigi Carosini nato nel 1889 e morto nel 1956 (foto sopra -lapide cimitero di Montemarcello), mio nonno materno che fu inviato per sette anni al confino in provincia di Avellino perché socialista dichiarato e non poteva fare a meno di parlar male di Mussolini e dei fascisti anche in pubblico.
Era invalido della Prima Guerra mondiale guardiano in Arsenale ma in effetti, essendo bravo in matematica, sostituiva spesso i contabili in ufficio. Fu liberato solo con la caduta del fascismo il 25 luglio 1943.
Mio papà Luigi nella brigata Muccini aveva una tessera di riconoscimento americana e aveva il delicato incarico di aiutare i ricercati e gli sbandati ad attraversare la linea gotica tra i monti della Garfagnana per farli giungere alla zona occupata dagli americani nei pressi di Pescia”.
Altre poche notizie del periodo bellico sono frutto di una ricerca fatta dal prof. Daniele Rossi, insegnante di storia presso la nostra scuola media nell’anno scolastico 2018-19 che mi consegnò per la pubblicazione e da cui ho estratto queste altre notizie raccolte dagli alunni.
Francesca Chiappini, 2ª A, ha intervistato Bertini Ugo, nato il 22-05-1922:
“Nel 1944, a Bocca di Magra, i fascisti mi stavano cercando per ammazzarmi, ero partigiano.
Una notte decisi di andare via mare con una barca a remi a Livorno, dove c’erano gli americani, così sarei stato al sicuro. Il viaggio non è stato facile, dovevo navigare di notte perché di giorno non era sicuro, e per arrivare a Livorno ci ho messo circa una settimana. Poco prima di arrivare a Livorno, incontro i fascisti, con me c’era un mio compagno, un mio amico, io scappai mentre il mio compagno venne preso dai fascisti e fucilato. Io invece riuscii ad arrivre a Livorno”.
Franco Martelli, 2ª A, racconta:
“Il mio bisnonno si chiamava Dino Dini ed era un partigiano antifascista nato a Castelnuovo Magra, il 14 agosto 1912 e morto nel 1979. Nel 1941, fece la campagna d’Africa, dopo l’8 settembre 1943 divenne partigiano, purtroppo i nazisti lo acciuffarono e lo spedirono nel campo di concentramento di Mathausen. A mia nonna, ai miei zii, raccontava che nel campo di concentramento lavorava tutto il giorno senza sosta mangiando solo una patata al giorno. Lui arrivò a non farcela più, era sfinito, allora diede la sua fede d’oro che aveva nascosto ad una guardia tedesca in cambio di un misero pezzo di pane!
Quando ormai aveva perso ogni speranza e pensava che sarebbe morto nella camera a gas, arrivarono gli alleati e liberarono il campo. Lui diceva: “Solo chi è stato rinchiuso in un campo di concentramento può capire cosa vuol dire vivere, lavorare lì ed ogni giorno rischiare la vita”.
Castagna Denis, 2ª B, racconta:
“Il mio prozio Mattioni Nilo, nato a Castelnuovo Magra nel 1925, presso la casa di famiglia, fu catturato dai tedeschi nel 1943 e deportato ad Auschwitz. Questa storia mi è stata raccontata da mio padre. Nilo Mattioni non ne voleva mai parlare, gli faceva male ricordare.
“Nel l’autunno inverno del 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, il giovane Nilo, a soli 19 anni, venne rastrellato dai tedeschi e messo a lavorare alla costruzione delle fortificazioni a Bocca di Magra. Un giorno, senza nessun motivo specifico, il giovane Nilo venne portato alla stazione di Sarzana e qui insieme ad altri prigionieri, prese un treno per Cremona. Dopo un lungo viaggio, Nilo si ritrovò ad Auschwitz, lui non venne imprigionato con gli ebrei ma fu messo a lavorare in un grande stabilimento lì vicino. Nilo non immaginava cosa fosse quel fumo acre che ogni giorno vedeva salire dal campo di sterminio di Auschwitz, solo dopo che i russi liberarono la zona, vide con i suoi occhi cosa facevano i tedeschi agli ebrei nel campo di concentramento vicino al suo. Attraverso dei convogli ferroviari giunse a Milano e da qui, a piedi, scalzo, arrivò a Castelnuovo. Nilo è morto nel 2014”.
In seguito parleremo di altre testimonianze raccolte dagli alunni sulle condizioni degli amegliesi in tempo di guerra 80 anni fa. (segue)
Sandro Fascinelli