(da Ameglia Informa di gennaio-febbraio 2024)
Dopo aver concluso il racconto degli scrittori legati ai 100 anni della Locanda del pilota vorremmo riprendere in esame il complesso dei personaggi legati alla Foce del Magra.
A parlarne è ora Marta Morelli, che fece un’accurata ricerca circa dieci anni fa, poi cercheremo di approfondire ciascun personaggio. Sandro Fascinelli
Negli Anni ’60 si costituì ad opera di scrittori, poeti e intellettuali che venivano in vacanza abitualmente a Bocca di Magra e Fiumaretta, la “Società degli Amici di Bocca di Magra”. Tale società, con logo (foto sopra), statuto e carta intestata, si proponeva la tutela del paesaggio e dei territori di Ameglia e frazioni dalla speculazione edilizia. Lo scopo dei fondatori era quello di andare sulla falsariga di Italia Nostra (di cui tuttora esiste una sezione apuo-lunense), fondata nel 1955 ad opera, tra gli altri, dello scrittore Giorgio Bassani, passato anch’egli a Bocca di Magra (ma solo di sfuggita).
Il consiglio direttivo della società era formato da Giulio Einaudi, Luigi Biso, Nicola Chiaromonte, Franco Fortini, Giorgio Piccardi, Vittorio Sereni, Hans Deichmann, Vittorio Korach, ma risultavano circa ottanta membri firmatari, tra cui Italo Calvino, Mary Mc Carthy, Valentino Bompiani, Guido Piovene, Mario Soldati, Harry Craig ed Elio Vittorini.
Loro luogo di riunione era Villa degli Ulivi, di proprietà di Luigi Biso, definito da Sereni una sorta di genius loci, e Ida Fabbricotti, (ultima discendente di una famiglia di industriali del marmo che possedeva numerose proprietà nell’ambito del nostro territorio, in seguito acquistati dal Monte dei Paschi di Siena quando i Fabbricotti fallirono).
Ida custodisce gelosamente un libro di firme in cui si trovano appunto i nomi di quell’intellighenzia che sceglieva Bocca di Magra perché ancora selvaggia e meno mondana della Versilia o delle Riviere liguri.
Come recita lo Statuto di fondazione, occorreva “favorire un più ordinato sviluppo economico e sociale di questa parte del nostro paese” e “informare l’opinione pubblica dei pericoli che gli interessi speculativi di forti gruppi finanziari possono far correre ad uno dei più bei luoghi dell’alto Tirreno”. Si richiedeva, tra le altre cose, maggiori attrezzature per farla finita con la confusione e il sudiciume al fine di inibire uno sbocco verso il turismo di massa. Uno degli elementi di questa rivendicazione fu la proposta di un piano regolatore da parte dell’architetto Giancarlo De Carlo (padre dello scrittore Andrea De Carlo) su commissione dell’Amministrazione comunale retta dal sindaco Aroldo Marchi. Il “nemico” da combattere era la società immobiliare “Condotte Romane”, che stava comprando molti terreni e voleva lottizzarli: un progetto grandioso, che contemplava un quartiere residenziale turistico, ville miliardarie, ascensori per scendere al mare; in pratica uno scempio del promontorio, soprattutto sul versante di Montemarcello.
L’alternativa proposta da De Carlo prevedeva una soluzione “ad agglomerati” riprendendo i motivi dei borghi delle Cinque Terre: in pratica dei nuclei abitativi, come dei paesi nel paese, a scapito, c’è da dire, del funzionamento dei servizi viari e fognari. Il piano venne esposto in un’aula della scuola elementare di Montemarcello ai consiglieri comunali e alla popolazione nel 1962, con l’intento di dissuadere la gente del posto dal fidarsi di una società, la Condotte Romane, che avrebbe fatto solo gli interessi di una minoranza con un’occupazione a tappeto e la “privatizzazione” dell’ambiente naturale, della costa e degli approdi per le barche.
Alcuni articoli dell’epoca riportano che fu una predica “inutile”, in quanto la popolazione si fece irretire dalle offerte della società Condotte Romane, forse sperando in uno sviluppo economico-turistico mentre Marchi, sulla spinta della minoranza, rilasciò un’autorizzazione a tale società. In realtà, però, non fu poi attuata alcuna iniziativa, poiché Luigi Biso, negli anni 90, ricorda che la battaglia fu vinta e alla zona venne posto il vincolo paesaggistico dalla sovrintendenza di Genova, tolto soltanto in seguito a Fiumaretta.
Al di là della cronaca e delle beghe amministrative, come si è creato quest’assembramento di intellettuali? Com’è diventata Bocca di Magra (e non solo) un posto di vacanza per molti esponenti dell’intellighenzia dell’epoca (Anni ‘50 e ‘60, so-prattutto)? C’è da dire che, ancora prima della Villa degli Ulivi, molti di essi si riunivano e soggiornavano al Sans Façon, locanda albergo di proprietà della famiglia Germi (foto sopra).
Perché questo nome curioso? Si narra che un giorno il bisnonno di Carlo Germi, che fu il primo a installarsi in una baracca sul fiume verso il 1848 come “scaffaro”, ossia traghettatore della Dogana, incontrò due marinai francesi di passaggio, che chiesero dove si trovasse una locanda per rifocillarsi. Non essendovene alcuna nei paraggi, egli cucinò loro del buon pesce in quattro e quattr’otto senza formalità o meglio, senza problemi, senza maniera. Da lì in poi nacque l’albergo, ora purtroppo dismesso. (segue)
Marta Morelli