(da Ameglia Informa di gennaio-febbraio 2024)
Il 13 gennaio 2024 Albertina Gozzani in Germi ci ha lasciato. Era nata ad Ameglia il 30 marzo 1926.
D’inverno e fino a primavera inoltrata si mangiava nello stanzone con tante finestre, dove risuonavano le voci dei commensali che si facevano più forti via via che il vino veniva servito in abbondanza. Uno scalino divideva lo stanzone dall’entrata, dove il bar si allungava stretto e faceva intravedere la cucina nel prosieguo del corridoio a cannocchiale. Alle spalle del barista, uno specchio frastagliato rifletteva le luci delle bottiglie appoggiate sulle mensole. Nessuna hall: solo una saletta a sinistra dell’entrata col televisore in bianco e nero a disposizione degli ospiti dell’albergo e di chi voleva vedere qualche programma. Tutto allora sembrava immutabile.
D’estate invece i clienti fissi sedevano fuori, ai tavoli quadrati sotto la tettoia, al cui esterno campeggiava l’insegna gialla in stampatello gigante: Sans Faςons.
A prendere ‘le comande’ c’era quasi sempre lei, Albertina, la moglie minuta e gentile del proprietario Carlo Germi, che sapeva trattare con gentilezza tutti i clienti, di cui ricordava puntualmente nomi e cognomi, gusti per cibi e bevande, lavoro, provenienza e molti altri dettagli che facevano subito sentire le persone ben accolte. Aveva un debole per i bambini a cui sapeva rivolgersi con simpatia, tanto da essere ricambiata da tutti, anche dai più scatenati come me. Molti bambini, anche a prescindere dal grado di parentela, la chiamavano ‘zia’ Albertina perché la vivevano come una persona di famiglia, come hanno ricordato in questi giorni Paola Viani e Maria Ida Bibolini. Ci sapeva fare Albertina, aveva un modo cordiale e sincero e non faceva differenza se il suo ospite fosse uno scrittore, un giornalista, un professionista o un bevitore abituale.
Il ‘Baffo’ (Paolo Bertini), (foto sopra) il più iconico barcaiolo di Bocca di Magra) sostava al bar del Sans Faςons a ogni rientro dal giro in barca con cui portava i bagnanti agli scogli. Entrava scalzo coi calzoni rivoltati al polpaccio, il baffo biondo rossiccio ispessito dal salmastro, beveva il classico gotto di vino che gli veniva servito con impeccabile garbo e, dopo una sigaretta o due, ripartiva col suo San Sebastian.
Nella compagnia di giro del cenacolo meticcio del Sans Faςons tutti avevano un posto in prima fila, nessuno escluso. Solo i cani, perché malvisti da Carlo Germi, non potevano entrare, ma era loro concesso di stazionare all’esterno, sotto la tettoia, se accompagnati dai rispettivi custodi.
Giovanni Pintori, il noto grafico della Olivetti di origini sarde che aveva casa a Bocca di Magra accanto alla Lucerna, andava spesso a mangiare dall’Albertina e in primavera si faceva cucinare le bucce di fave bollite, un piatto povero e tipico della sua terra che veniva preparato unicamente per lui.
Per mio padre, che odiava mangiare carne, c’era sempre un piatto di pesce già destinato e subito servito con squisita attenzione.
Spesso risuonava nel locale la voce rauca e attoriale di Mario Soldati, ma non è che una delle tante presenze di quella folta schiera di intellettuali che frequentavano Bocca di Magra dalla prima metà del Novecento fino agli anni Settanta e oltre (ma vale solo per alcuni), di cui tanto si è già scritto.
La tettoia del Sans Faςons era concessa a tutti e infatti lì si riunivano spontaneamente, anche a prescindere dalle consumazioni, tutte quelle persone che formavano il cosiddetto ‘concilio’ intellettuale di Bocca di Magra e anche chi, semplicemente, amava conversare e conoscersi coi tempi giusti di un mondo ancora libero dalla ‘rete’.
Le reti allora erano solo quelle da pesca che venivano stese ad asciugare al sole e rammendate nella spiaggia lungofiume.
Era molto religiosa Albertina (foto a destra), ma non ricordo abbia mai impartito prediche a nessuno. Aveva un suo modo discreto e segreto per aiutare le persone in difficoltà e ne ho testimonianza diretta.
Il suo carattere riservato e l’elegan-za della persona e dei modi l’hanno accompagna fino alla fine nella lunga vecchiaia che ha saputo affrontare con lucidità di memoria e con la dignità che le era propria. Per noi ex ragazzi del Sans Facons era il simbolo rassicurante di una storia vissuta e mai dimenticata. Ci mancherà.
Marzia Ratti