(da Ameglia Informa di marzo 2018)
Come è stato raccontato nei mesi scorsi la Bocca del Magra è stata, per un periodo che va dal mese di agosto del 1946 al luglio 1947, luogo di transito e imbarco clandestino degli ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti che, rimasti senza casa e senza nulla, cercavano di trovare un futuro nella Terra Promessa Israele, al tempo sotto mandato britannico.
Si trattava di attività ufficialmente illegale perché gli inglesi, per non scontentare gli arabi e per mantenere lo “status quo”, cercavano di impedire in tutti i modi questa immigrazione incontrollata degli ebrei.
L’Italia a tutti i livelli, pur dovendosi adeguare alle disposizioni internazionali, cercava di “chiudere un occhio e forse anche due”. Bruciava ancora il senso di colpa verso gli ebrei per quello che l’Italia fascista seppe fare in combutta con i nazisti.
Ugo Casella (foto sopra) ex assessore ai LL PP. del Comune di Ameglia nel 1946 aveva 13 anni e ricorda bene quello che avvenne a quel tempo a Fiumaretta.
A lui chiediamo una testimonianza.
D. Come era Fiumaretta nel 1946?
R. A quel tempo Fiumaretta era una piana prettamente agricola, solo poche case sparse. La zona lungo il fiume Magra sino al mare aveva una vegetazione molto rigogliosa con molti alberi, era di proprietà del generale Guido Accame che però aveva lasciato l’amministrazione a un suo commilitone, il maggiore Emilio Venè, ambedue in congedo.
Dove, sino a poco fa esisteva il cantiere Labornaves, si costruivano le barche zavorrate per il trasporto della sabbia e della ghiaia che si estraeva dal fiume e si trasportava sino a Genova e Viareggio. Queste barche erano ancorate lungo la sponda di Fiumaretta mentre a Bocca di Magra erano attraccati i pescherecci.
D. Cosa si ricorda del passaggio degli ebrei nel periodo dal 1946 al 1947?
R. Periodicamente nel bosco lungo il fiume arrivavano gruppi di persone, che poi abbiamo saputo essere ebrei che venivano qui dal Nord Europa per un soggiorno climatico in attesa di imbarcarsi per la Palestina. Erano persone molto tranquille che sostavano sotto tende o baracche, come quelle della foto pubblicata nel mese di dicembre 2017. Erano autosufficienti perché avevano i viveri in scatola per conto loro, forse di provenienza americana. Offrivano sempre qualcosa a noi ragazzi che andavamo a curiosare. I contadini invece, che per indole sono sempre molto ospitali, portavano il pane, la verdura e la frutta. È stato un bel periodo di solidarietà tra la gente.
Sul terreno avevano fatto delle lunghe fosse dove le persone, da una parte potevano sedersi e dall’altra appoggiavano i cibi del pranzo.
D. Cosa facevano i grandi in quel periodo?
R. Mio papà Armando Casella lavorava come marinaio su uno dei navicelli che venivamo gestiti dal maggiore Venè. Ricordo che c’era anche mio zio Giannoni Ercole, Giovanelli Luigi e Febo, Petacchi Fernando… Altri barconi venivano gestiti dal padre di Carlo Germi (ex assessore), che aveva anche un peschereccio. Di giorno mio papà faceva regolarmente i trasporti di sabbia o ghiaia verso La Spezia o Viareggio ma alcune volte vedevo che andava a lavorava anche di notte e il giorno dopo gli ebrei erano spariti.
Venni a sapere che, di notte, gli ebrei venivano fatti salire sui barconi dal piccolo pontile che si trovava proprio alla foce e condotti sulle navi ancorate sotto il promontorio di Punta Bianca.
D. Ha mai visto la sig.ra Ada Sereni (Ameglia Informa dicembre 2017)?
R. Avevo sentito che quella sig.ra (Ada Sereni), era venuta diverse volte a Fiumaretta per trattare col maggiore Venè del trasporto e della sosta degli ebrei in attesa di imbarco. Vedendo la foto di Ada Sereni su Ameglia Informa ricordo di averla vista che parlava con Venè.
Sandro Fascinelli