(da Ameglia Informa di febbraio 2018)
Scampati ai lager nazisti gli ebrei sono internati nei campi di detenzione inglesi a Cipro
I bambini di Selvino (BG) sono stati un gruppo di circa 800 bambini ebrei, sopravvissuti ai campi di sterminio che, rimasti orfani sono stati accolti tra il 1945 e il 1948 nell’ex-colonia fascista di Sciesopoli da dove gran parte di loro è riuscita poi ad arrivare in Palestina tramite gli imbarchi da Bocca di Magra, cominciando dalla prima partenza.
Miriam Najman-Bisk presidente dell’associazione dei bambini di Selvino, figlia di Lola e Salek Najman, educatori polacchi in quella colonia oggi vive a Ithaca, nello Stato di New York, ha voluto ripercorrere e filmare il percorso dei suoi genitori seguendo le tracce del diario accuratamente redatto dalla mamma. Partendo dalla Polonia, attraverso la Germania e l’Austria è giunta in Italia e ha seguito il suo percorso sino a Bocca di Magra dove i genitori trovarono imbarco illegale verso la Palestina sull’Ha Tikvà l’8 maggio 1947.
Lola e Salek Najman (foto sopra) si erano incontrati nel campo profughi di Grugliasco, in Piemonte. Erano poi stati inviati a Selvino perché si prendessero cura dei bambini ebrei orfani.
Miriam spiega così l’interesse del suo viaggio: “Il mio principale interesse in questo viaggio è di visitare quei luoghi per i quali lei è passata e stabilire una relazione umana con la gente che ho incontrato lungo il mio cammino.
Ha Brichà (La Fuga) era il movimento clandestino che aiutò la fuga dei sopravvissuti alla Shoah dall’Europa alla Palestina che era sotto Mandato Britannico prima della costituzione dello stato di Israele avvenuta nel 1948.
I miei genitori iniziarono il loro lungo viaggio dalla Polonia alla Palestina attraversando a piedi la Germania, l’Austria e l’Italia e poi a Cipro, violando le frontiere e soggiornando nei campi profughi affollati di sopravvissuti provenienti da ogni parte, come loro.
Si unirono al movimento giovanile denominato Gordonia divenendo viaggiatori con l’opportunità di rinascere in un nuovo paese che fosse il proprio dove sviluppare, vivere in buona salute e creare nuove famiglie. I principi di “Gordonia” erano l’istruzione dei suoi membri per la costruzione di una patria basato su valori umani, sulla rinascita della cultura e della lingua ebraica e per il lavoro sociale.
Nel 1947 mia mamma aveva 25 anni e il 15 gennaio, del campo di Seefeld – Austria, così scriveva nel suo diario: “Oggi controlleranno se siamo sufficientemente in grado di affrontare il cammino per attraversare il confine con l’Italia. Io sono stata inserita nel gruppo dei più giovani e forti. Non avevo però idea né potevo minimamente immaginare cosa significasse , in inverno, attraversare a piedi il confine con l’Italia. L’Organizzazione era estremamente efficiente. Le nostre identità erano nascoste. Ci diedero dei documenti falsi e partimmo a piedi attraverso i passi alpini. Fu una marcia lunga e faticosa, attraverso i boschi al buio. Le temperature gelide e il ghiaccio ci mordevano sino alle ossa. La neve arrivava alle ginocchia. Stavo quasi per rinunciare e restare indietro.”
E lei me lo aveva anche detto che a un certo punto si mise a sedere nella neve e disse: “Lasciatemi indietro. Non ce la faccio più”.
Ma i ragazzi la presero e fecero a turno per portarla sulle spalle.
Continua poi il racconto del diario di Lola: “Arrivati poi a Milano trovarono la sinagoga centrale distrutta dalle bombe ma le autorità milanesi avevano assegnato alla comunità ebraica un enorme edificio che fu sede di riferimento per le attività dell’Alilya Bet e dell’’Ha Brichà. Da qui io e Salek fummo trasferiti a Rivoli e poi a Scisopoli come educatori.
L’Haganah aveva organizzato la nostra partenza. Dopo più di un anno di peregrinazioni da un campo di rifugiati al’altro arrivammo a Genova dove finalmente, dopo parecchi tentativi, riuscirono a trovare un imbarco su una nave illegale che si chiamava “Ha Tikvà”.
L’otto maggio 1947, nel porto di Bocca di Magra, ci aspettavano delle piccole barche. Ci caricarono su quelle quando fu buio, in silenzio assoluto (foto sopra). Ci dissero che circa 1500 rifugiati sarebbero stati portati sulla grande nave.
Ebbi una strana sensazione: di paura e di soddisfazione allo stesso tempo quando il mare ci circondava e noi andavamo verso la nave grande. Io mi sono arrampicata su una scala di corda. Due persone mi spingevano in fretta. Dovevamo completare questa missione prima che ci scoprissero. Tutto avvenne in pochi minuti”.
Riprende la figlia Miriam: “Ma l’Ha Tikvà, come le molte altre dirette verso la Palestina, prima che fosse Stato d’Israele, fu intercettata dagli inglesi. I rifugiati e l’equipaggio furono trasportati nei campi profughi di Cipro, sotto amministrazione britannica.
E io sono nata lì. Mia madre fece tutto il viaggio in Italia con me incinta.
52.000 ebrei furono internati nei campi profughi a Cipro e lì sono nati 2.200 bambini tra il 1946 e il 1949.
Io sono strabiliata di quello che sono riusciti a fare i miei genitori. Da sempre ho provato il bisogno di capire che tipo di persone fossero mio padre e mia madre: Lola Popinska e Salek Najmar”.
Sandro Fascinelli