(da Ameglia Informa di dicembre 2022)
Era nella villa “degli Olivi” di Luigi Biso che si riunivano, come abbiamo ricordato, gli “amici di Bocca di Magra”. In un racconto del 1962 Mario Soldati così descriveva il panorama che si gode dalla villa, che nel testo è chiamata “Mascardi”. Nel Guido di cui si parla è ravvisabile lo scrittore Guido Piovene:
“La fine di uno splendido pomeriggio d’estate. Anche il luogo, splendido: una vecchia villa, a mezza costa dell’ultima montagna ligure, quasi a picco sulla foce della Magra.
Il panorama che avevamo di fronte, di una grandiosità ineguagliabile, è rimasto impresso nella mia memoria con la stessa precisione di certi capolavori: Cézanne, Van Gogh, Leonardo… Davanti a noi, oltre il fiume, e al di là delle coltivazioni geometriche di Luni e del Sarzanese, l’immensa scena era chiusa, verso sinistra, dal massiccio delle Alpi Apuane, grigie, azzurrine, biancastre, frastagliate, selvagge, e in apparenza altissime: verso destra, invece, era aperta alla civile, dolce pianura della Versilia, che, come un grande arco a tre fasce, pineta spiaggia frangente, sembrava protendersi verso sud per abbracciare di slancio tutto il Tirreno.
Ammiravamo questo panorama con piacere inesausto. Gironzolavamo, Guido ed io, per i vialetti del parco, lontano dal grosso degli invitati, che erano rimasti sullo spiazzo immediatamente prospiciente la villa” [nota 1].
In un altro brano del racconto Soldati scriveva:
“La vicina costa boscosa nascondeva gran parte della Versilia e tutto il mare: vedevamo soltanto le Apuane, dall’Altissimo a Campo Cecina, e soltanto quei monti, meno aguzzi delle Apuane, ma più elevati ed estesi, che sembrano moltiplicarsi intorno al Cerreto e alla Cisa: dossi lontani, pietrosi od erbosi, e ormai, a sole tramontato, di un uniforme colore ardesia, mentre il cielo, appena sopra le cime notturno, sfumava allo zenit verso la chiarità del crepuscolo, e mentre dalle creste frastagliate, ritagliate delle Apuane, si faceva la luna piena, di uno splendore tra l’argento e l’oro” [nota 2].
Poi Soldati si spostò, nel 1973, nella villa di Tellaro. Ma rimase sempre legato a Bocca di Magra.
Silvia Sereni, figlia di Vittorio, lo descrive come “una specie di forza della natura”, elegante, dongiovanni, libero, anticonformista, con una voce dai toni aguzzi e dalla erre inconfondibile, e ricorda la “perfetta imitazione del suo eloquio che faceva Paolo Bertolani, il poeta dialettale nativo della Serra, che di Soldati era stato segretario” [nota 3].
Franco Fortini, poeta, saggista, traduttore, invece il mare da casa lo vide sempre. Prima a Fiumaretta, dove aveva una casetta in affitto, ancora quando non c’era il ponte. Poi nella villa che si fece costruire sopra Bocca di Magra, al Belvedere, un luogo isolato con una magnifica vista sulle Apuane, sulla foce e sul mare. Ecco un verso di una poesia del 1959:
“Domani o dopo farà brutto tempo:
questa sera al tramonto
si vedevano i monti di Livorno.
E quella era la Corsica,
un pensiero di isola” [nota 4].
Una visibilità molto nitida, soprattutto in estate, preannunciava il peggioramento del tempo, il giorno dopo o molto presto. Fortini era “sempre serio, impegnato, concentratissimo”, militante impegnato a sinistra: “il suo impegno era una ricerca continua, un arrovellarsi su ogni questione” [nota 5].
Tra quel mondo intellettuale e alcuni ragazzi della zona ci fu un rapporto, che comportò una loro crescita. Abbiamo accennato a Bertolani. Leggiamo Walter Tacchini, artista di Trebiano:
“Cominciai a lavorare nella ditta edile di mio padre, a Romito Magra, dopo la terza elementare. Con la materia – all’inizio la terra argilla delle cave romitesi – ebbi quindi sempre a che fare” [nota 6].
La conoscenza delle tecniche dell’arte muratoria e il contatto con gli architetti milanesi che sperimentavano materiali e forme nelle ville della costa tra Lerici e Bocca di Magra fecero di lui, nel frattempo diventato capomastro, un bravo artigiano e poi un artista. Tra queste ville c’era anche quella di Fortini. Mi racconta Tacchini:
“Nel 1962 mi sposai ed andai ad abitare ad Ameglia. Avevo 24 anni, mi fu affidata la costruzione della villa di Fortini. Il progetto era dell’architetto Fragapane, allievo di Le Corbusier, mentre l’ingegner Korach aveva fatto il ferro. I calcoli erano tutti di cemento armato, allora le case così non le faceva nessuno. Dovevo mettere 18 centimetri di ferro dentro a 12. Come si fa? Eppure l’ho fatto. Mi sognavo la notte che la casa veniva giù, ma è ancora su. Nel 1963 venne Le Corbusier a vedere la casa [in quell’anno fu allestita a Firenze la prima grande esposizione italiana dedicata alla sua opera, NdA].
Apprezzò il lavoro e mi disse: “Lo sai che abbiamo una storia simile, io e te? Anch’io ero figlio di un imprenditore, anch’io non mi sono mai laureato”. Poi mi fece guardare verso le Apuane e aggiunse: “Hai una mano incredibile, sei uno scultore nato”.
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Fu così che Tacchini si diede alla scultura e diventò un artista. A incoraggiarlo fu poi Lionel de Roulet, marito di Hélène de Beauvoir. Lei l’aveva già incrociata anni prima, una sera d’estate da Ciccio, in una cena in cui c’erano tutti gli intellettuali:
“Io ero il più semo d’ tuti, setta’ in un angoleto. Mi volevano bene, anche se non capivo perché. Da Bocca di Magra è nato tutto”. (segue)
Giorgio Pagano
Note: [1] Mario Soldati, “La palla da tennis”, da “Storie di spettri”, in “Tra fiume e mare”, “Portus Lunae 1”, Canale Stampatore, Sarzana, 1976, p. 20. [2] Ivi, p. 21.
[3] Silvia Sereni, “Un mondo migliore. Ritratti”, Bompiani, Milano, 2019, p. 214.
[4] Franco Fortini, “Bocca di Magra”, da “Poesia ed errore”, in “Tra fiume e mare”, Portus Lunae 1, cit., p. 19.
[5] Silvia Sereni, “Un mondo migliore. Ritratti”, cit., pp. 204-205.
[6] Giorgio Pagano, Maria Cristina Mirabello, “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, Volume secondo, Edizioni Cinque Terre, La Spezia, 2021, p. 704.