(da Ameglia Informa di ottobre 2022)
Una cerimonia speciale ed emozionante si è svolta l’11 settembre 2022 a Villa la Fagiana (foto sopra), tra Magenta (MI) e Boffalora, dove una stele commemorativa è stata dedicata al “Campo A” – la base principale delle operazioni di infiltrazione del “Mossad Le’Aliyah Bet” in Italia. Negli anni successivi alla II Guerra Mondiale 250.000 ebrei sopravvissuti all’Olocausto si riversarono da tutta l’Europa orientale in Austria, Germania e Italia in una massiccia migrazione nota come “la fuga”. Esausti e malconci, camminavano a piedi in cerca di un rifugio, molti di loro erano rimasti soli al mondo, senza una casa, senza una famiglia, senza un luogo in cui tornare.
Circa 180.000 hanno trovato rifugio nei campi profughi dell’UNRRA (per conto delle Nazioni Unite) e da lì sono emigrati in diversi paesi del mondo, mentre circa 70.000 sono giunti ai campi istituiti dal Mossad Le’Aliyah Bet in Europa, e tutta la loro speranza era di raggiungere Eretz Israel, di questi circa 30.000 arrivarono in Italia, che si rivelò la più adatta, sia per la simpatia di molti italiani e dei loro capi per l’impresa sionista, sia per le numerose piccole insenature lungo lo “Stivale”, dove i clandestini potevano nascondersi, e da lì salpare. Nel caos che regnava all’epoca in Europa, varie organizzazioni cercarono di offrire rifugio e aiuto ai sopravvissuti alla Shoah, ma ciascuna di queste organizzazioni agiva separatamente, senza coordinamento tra gli organismi. Il complesso compito del Mossad Le’Aliyah Bet è stato quello di riunire tutti questi sforzi, creare coordinamento e cooperazione tra le organizzazioni, riunire gli immigrati da tutta Europa in campi e “fattorie di addestramento”, principalmente in Italia, poi acquistare vecchie navi da crociera e trasformarle in navi passeggeri per portare gli immigrati nella terra d’Israele. Tutto questo doveva essere fatto in segreto, perché il Mandatario britannico della Palestina aveva imposto severe restrizioni alla quota di ebrei, sopravvissuti all’Olocausto, che potevano giungere lì.
Anche l’Italia, occupata alla fine della guerra dagli Alleati, era sotto un regime militare britannico, e anche in Italia gli inglesi fecero di tutto per impedire le operazioni di salvataggio del Mossad per Le’Aliyah Bet. Di tutti i campi in Italia, questa fattoria, vicino al fiume Ticino (“Campo A”, a Magenta”) fungeva, per la sua posizione strategica, come base principale dove furono raccolte grandi quantità di attrezzature, cibo, veicoli, carburante e in cui, di volta in volta, dopo un breve addestramento, i profughi venivano fatti salpare per Israele.
Qui hanno ricevuto cure mediche, cure umane calorose, apprendimento della cultura e della storia ebraica, formazione professionale soprattutto nell’agricoltura e addestramento all’uso delle armi. Sebbene abbiano vissuto nel campo per molti mesi (a volte anche più di un anno) in tende affollate, molti di loro hanno ricordato per tutta la vita questo luogo come un paradiso, come un luogo in cui hanno potuto cominciare a restaurare la propria anima, ripristinare la propria dignità e fiducia negli esseri umani e costruire un senso di identità e appartenenza.
Alla cerimonia che si è svolta a Magenta (foto sopra) sono intervenute le autorità locali e l’ANPI che ha organizzato la costruzione del monumento e l’evento.
Orli Bach, la nipote di Yehuda Arazi capo del Mossad Le’Aliyah Bet in Italia nel 1945-47, venuta alla commemorazione da Israele, ha raccontato le complesse e audaci operazioni di suo nonno, un leader determinato e coraggioso, con una fantasia che rompe ogni confine e con la capacità d’improvvisare in ogni situazione.
Ha descritto la straordinaria collaborazione tra lui e il suo braccio destro, Ada Sereni, ha parlato dell’eroismo di molti inviati di Eretz Israel, ha sottolineato la coraggiosa mobilitazione di tanti italiani, nelle città e nei villaggi, che, nonostante la povertà e le grandi sofferenze da essi stessi subite in anni di bombardamenti, guerre e occupazione, si sono comportati con profonda compassione aiutandoli in ogni modo possibile. Ha sottolineato la grande importanza dell’attività di tutti coloro che sono coinvolti nella conservazione della memoria, non solo per il presente ma anche per il futuro.
Simbolicamente, l’evento si svolge l’11 settembre, una data del 2001 che simboleggia i risultati agghiaccianti dell’odio e della divisione mentre qui oggi si celebra l’unità e la solidarietà umana. Ha raccontato poi degli incontri stimolanti, durante le sue recenti visite in Italia, con gli appartenenti al gruppo “Samuel”, cristiani amanti d’Israele, che hanno partecipato attivamente alla conservazione della memoria dell’immigrazione clandestina alla Spezia nel maggio 1946, grazie alla quale la città fu soprannominata “Sha’ar Tzion” (Porta di Sion). Al termine del suo intervento ha cantato “In alto gli spiriti – L’inno degli immigrati”, composto da Yehuda Arazi durante quella lotta nel porto della Spezia, riprodotta al termine di quest’articolo.
La targa commemorativa di Magenta fa parte di una serie di monumenti eretti negli ultimi anni in varie località d’Italia. Lei stessa ha avuto il privilegio di partecipare alla Spezia alla scelta di un monumento che comprende una grande statua marmorea – “Ali della Libertà” di Walter Tacchini e due tabelloni che descrivono l’Olocausto, la fuga e l’immigrazione lungo il molo del porto della Spezia poi altri due importanti monumenti a Fiumaretta nel Comune di Ameglia, sulla bocca della Magra (foto sopra).
Sandro Fascinelli