(da Ameglia Informa di gennaio 2014 e segg.)
Il Comune di Ameglia rientra nella casistica prevista per la fusione con un suo limitrofo, tuttavia nessuno dei limitrofi è obbligato a farlo. Partendo da queste considerazioni, propongo ai nostri lettori un tour insolito della capitale morale della Lunigiana Storica.
Prendendo inoltre spunto dal mio ultimo articolo, che si concludeva nella chiesa di San Francesco (nella foto), partirei proprio da questo monumento di Sarzana, anche perché è servito da un grande parcheggio. Non starò a dilungarmi troppo sul contenuto in tele artistiche, ove presenti, il mio intento è quello di esplorare soprattutto il poco conosciuto anche a molti sarzanesi. Comunque, per informazione, in San Francesco sono presenti tele del Fiasella e del Carpenino, ma a noi interessano i due monumenti di fianco all’altare maggiore.
Il primo, quello sulla nostra destra, raffigura il vescovo Bernabò Malaspina, che resse le sorti di Sarzana dopo Castruccio Castracani.
Il secondo, quello che ci interessa maggiormente, sulla nostra sinistra, è dedicato proprio al figlioletto di Castruccio, Guarnerio degli Antelminelli. Ai nostri giorni è normale vedere tombe decorate di bambini morti prematuramente, ma nel medioevo (siamo nel Trecento) le cose andavano assai diversamente.
Anche il figlioletto di un imperatore veniva sepolto nella nuda terra, spesso con una croce senza alcun particolare riferimento, solo per testimoniare che era stato battezzato. Il più delle volte il suo nome spariva anche dalla genealogia famigliare e veniva sostituito, non sempre, dal simbolo di una croce. Risulta, quindi, veramente straordinario imbattersi in un monumento funebre di tale bellezza, dedicato ad un infante morto in quei tempi.
Questo ci testimonia dell’enorme affetto che il padre aveva per il figlio, destinato a qualche futuro importante ruolo nel quadro della successione. Castruccio stava realizzando un dominio che s’avviava a comprendere molti territori dell’Italia centrosettentrionale. Insomma, la straordinarietà di questo monumento si comprende quando si viene a sapere che in tutta Europa ve ne sono solo due che appartengono a questo periodo.
Evidentemente Castruccio ha anche evidenziato la potenza di un casato in forte ascesa, che aveva già raggiunto la dignità del vicariato imperiale.
Per concludere su San Francesco, sempre in tema di cose straordinarie, sono presenti due lapidi, una nella parte interna dell’ingresso della chiesa, l’altra all’ingresso del chiostro.
Entrambe sono scritte in due lingue, rispettivamente in austro-bavarese antico e in latino per traduzione, e testimoniano della presenza di quei mercenari nella Sarzana rinascimentale. Anche qui lo straordinario risiede nel fatto che sono le ultime due iscrizioni di questo genere rimaste in Europa.
La prossima volta, inizieremo il giro del centro storico di Sarzana. (segue)
Sergio Marchi
(da Ameglia Informa di febbraio 2014)
Ora inizieremo la nostra visita del Centro Storico di Sarzana. Allontanandoci dalla chiesa di San Francesco, precedentemente descritta, scendiamo lungo la via Castruccio, fino all’incrocio con via Mascardi, una delle strade degli antiquari sarzanesi.
Qui, svoltiamo a sinistra e, dove la via curva verso destra, costeggiamo l’edificio del Seminario Vescovile, la cui biblioteca ospita il Codice Pelavicino. Si tratta di uno dei documenti storici medievali più importanti d’Italia, punto di partenza irrinunciabile per chiunque voglia cimentarsi in uno studio sulla storia medievale lunigianese.
Ma proseguiamo verso la piazza antistante la Cittadella di Sarzana e ci troveremo davanti all’ingresso del Museo Diocesano, ospitato nell’Oratorio della Misericordia. All’interno del Museo, fra le altre cose, si trova un parato liturgico del ‘400, composto da tre vesti intessute in velluto e oro. Lo stato di conservazione di questo parato, pressoché perfetto, ne fa il ternario quattrocentesco meglio conservato del mondo.
Usciti dal Museo, ci dirigiamo verso la Cittadella Medicea, un tempo il principale baluardo di Sarzana, poi carcere e ora sede di esposizioni, congressi, concerti e altri avvenimenti.
Passeggiando sulle mura di difesa della città rivolte verso Massa, potremo osservare, verso le colline dietro la Cittadella, la Fortezza di Sarzanello. Costruita da Castruccio Castracani, sopra un baluardo precedente, rinforzata poi da fiorentini e genovesi, fu spesso in mani ostili a coloro che occupavano la Cittadella.
Adesso è uno dei luoghi dove i sarzanesi si recano per passeggiare e godersi il panorama della loro città. Passando sopra Porta Romana potremo ammirare in un solo colpo d’occhio tutto il corso principale di Sarzana, via Mazzini, con i suoi palazzi storici. In fondo a questo tratto di mura, si osserva il Torrione Testaforte, uno dei quattro voluti nel 1513 dal podestà Luchino Stella, attualmente usato come fondamento per il soprastante Villino Carpena, di stile Liberty.
Scendendo la scalinata del Torrione, vediamo davanti a noi una grande statua, raffigurante un giovane muscoloso con uno scudo al fianco. Avvicinandoci, scopriamo l’immagine di Garibaldi scolpita nello scudo e la piazza dove ci troviamo adesso è proprio intitolata all’Eroe dei Due Mondi. Questa statua, opera dello scultore Fontana, ricavata in un solo monolito, all’epoca della realizzazione fu la più grande del mondo nel suo genere.
Ora guardiamo verso il fondo della piazza, dove è fiancheggiata da via Mazzini, e osserviamo l’ultimo palazzo sulla destra, dove si trovava il più antico Ospedale di Sarzana. Di fronte a noi, invece, si trova il Teatro degli Impavidi, di epoca napoleonica, costruito sopra il Convento di San Domenico, di cui si possono ancora osservare dei resti dal corridoio del palazzo appoggiato sulla nostra destra.
L’ultimo palazzo sulla sinistra, invece, ospitava un tempo un’ala del Convento di Santa Chiara demolito, sempre in epoca napoleonica, per far posto alla nuova piazza. La prossima volta, visiteremo la Cattedrale. (segue)
Sergio Marchi
(da Ameglia Informa di aprile 2014)
Eravamo rimasti davanti al Teatro degli Impavidi, ora prendiamo a sinistra, dentro via Mazzini fino alla piazza Niccolò V, quella della Cattedrale. Osserviamo la facciata dominata in alto da tre grandi statue, sono quelle dei papi di origine (presunta, tranne Niccolò) lunigianese, Sergio IV, sant’Eutichiano e Niccolò V.
Ma la cosa più curiosa della facciata è la presenza di una spada, visibile in alto a sinistra, simile allo gnomone di una meridiana con cui è stata talora confusa. È stata murata in ricordo della Pace Generale di Sarzana del 1353, segnata fra le città di Milano e di Firenze in rappresentanza di tutte le Signorie del Nord e del Centro Italia. Voglio dare più di qualche cenno su questo avvenimento, perché esso è stato colpevolmente rimosso dai nostri libri di scuola, perfino quelli delle Superiori.
Da allora è rimasta menzionata solo la Pace di Lodi, un secolo più tardi, nel 1451, per giustificare la politica di equilibrio del Magnifico. Ma anche la Pace di Sarzana è importante, perché chiude un ventennio di sanguinosa belligeranza, da Milano a Firenze, da Verona a Perugia, culminato con le due guerre per l’equilibrio dell’Italia, ancor più sanguinose e ugualmente dimenticate.
Entrando nella Cattedrale possiamo osservare i segni della rottura simbolica delle spade nella seconda colonna a sinistra. Le ricchezze artistiche della Cattedrale ne fanno la chiesa più ricca di tutta la Liguria. Tele del Fiasella, del Solimena e dello Spagnolo, sono solo una parte delle ricchezze pittoriche che troviamo all’interno. Grandi opere marmoree dovute all’opera della famiglia Riccomanni da Pietrasanta, in particolare a Leonardo, ci attendono nei due transetti.
Sulla nostra sinistra una maestosa pala di altare precede la cappella del crocifisso di Mastro Guglielmo, del 1138. Si tratta del più antico crocifisso dipinto italiano (su tela, successivamente applicata al legno), che anticipa quelli di Cimabue e di Giotto.
Sulla nostra destra, invece, è la cappella del Preziosissimo Sangue a proporci una delle reliquie più importanti della cristianità. Anche san Francesco e san Domenico vennero qui in pellegrinaggio per venerarla e così pure Santa Caterina da Siena. Giunta secondo la tradizione nel porto di Luni assieme al Volto Santo, ora custodito a Lucca, in una barca senza vele e senza equipaggio Potrebbe configurarsi anche come una delle forme ideali del Santo Graal. Comunque i sarzanesi non si sono fatti mancare nulla: una copia del Volto Santo è visibile nel vicino Oratorio di Santa Croce.
Nel transetto sulla nostra destra, un’altra pala d’altare come la precedente, ma quello che mi interessa farvi notare è un oggetto molto meno appariscente. È una lapide, la trovate all’ingresso in alto a destra, che ricorda la sepoltura di un giovane mercenario catalano, caduto nel 1487 nella battaglia di Sarzana. Egli militava al servizio del Banco di San Giorgio, quindi a favore della Repubblica di Genova contro quella di Firenze.
Fu uno degli ultimi eredi di quelle milizie mercenarie, nate verso la fine del Duecento, che tanto peso ebbero per due secoli di storia italiana.
La prossima volta, visiteremo via Mazzini.
Sergio Marchi
(da Ameglia Informa di giugno 2014)
Usciti dalla Cattedrale, giriamole intorno in senso orario, fino a raggiungere la piazza Calandrini, così detta in onore del cardinale fratello per parte di madre di Niccolò V.
Se si osserva, attentamente, la parete di marmi bianchi sulla nostra destra, si potranno notare, a circa due metri di altezza, delle lettere incise. In basso CL, in alto CC, verso destra sono ripetute ma rovesciate e la distanza fra le prime è leggermente maggiore rispetto alle seconde.
Se teniamo conto che, anticamente, la piazza era quella del mercato, la cosa si risolve in questo modo. Sono due misure differenti di lunghezza, la Canna Lunga e la Canna Corta, rispettivamente per i contadini e i burgensi. Ancora negli anni ’50 era possibile vedere nelle piazze di mercato delle principali città italiane delle grandi tabelle di marmo murate, recanti comparazioni di misure di ogni genere. Lì venivano risolte le controversie sui confronti fra pesi e misure.
Torniamo verso via Mazzini e svoltiamo a destra, quasi immediatamente sulla nostra sinistra, si presenta la cancellata che immette al giardino del Palazzo Vescovile.
Proseguendo fra i palazzi nobiliari di via Mazzini, sulla nostra destra fa spicco quello Picedi-Benettini-Gropallo, con le sue notevoli e artistiche grate in ferro battuto. Poco oltre, sempre sulla destra, troviamo la Pieve di S. Andrea, la chiesa più antica di Sarzana, del decimo secolo. Ormai totalmente rimaneggiata, conserva solo la parte inferiore della facciata e parte del lato destro originario. All’interno conserva il fonte battesimale, che fu l’unico di Sarzana per molti secoli, alcuni dipinti del Fiasella e parti degli affreschi più antichi.
Continuando, sulla nostra sinistra si affacciano i due archi gotici della casa torre Buonaparte, dove vissero gli antenati di Napoleone. In breve, la famiglia, attestata nella prima metà del Duecento nella frazione di Stadano, fra Santo Stefano Magra e Aulla, si trasferì a Sarzana. Lì si imparentò con i Malaspina e fu proprio dal matrimonio fra Cesare Buonaparte e Apollonia Malaspina, nella seconda metà del Trecento, che iniziò il ramo successivamente divenuto corso. Ormai siamo arrivati in fondo a via Mazzini, dove troviamo piazza Matteotti, già detta della Calcandola, perché qui scorreva quel torrente, poi spostatosi fuori dalle mura del centro storico.
Davanti a noi, sulla sinistra, si trova il cinquecentesco palazzo Roderio, ora sede del Comune, con un’ampia collezione di ruderi lunensi nel cortile interno. Potendo salire al primo piano, la balaustra in marmo sulla sinistra dell’ingresso della Sala Consiliare ci presenta alcuni pregevoli esempi di antichi tavolieri da gioco incisi. Altri tavolieri, meno conservati perché esposti alle intemperie, sono visibili sulla balaustra, ora vetrata, che si affaccia sul cortile interno. Esse ci testimoniano, dal Sedicesimo al Diciottesimo secolo, la presenza di truppe straniere, spesso di origine teutonica, nella città di Sarzana, a volte in qualità di mercenari al soldo di Genova, altre di veri e propri invasori.
Tornando davanti all’ingresso del palazzo possiamo notare parecchie lapidi commemorative, fra le quali quella che ricorda la cosiddetta Pace di Dante. La mattina del 6 ottobre 1306, il Sommo Poeta ricevette dai Malaspina, proprio in questa piazza, la delega a trattar pace col Vescovo di Luni. Subito dopo, egli si recò da questi, in Castelnuovo Magra e così terminò una di quelle interminabili guerre fra Vescovo e Malaspina, insieme a feudatari minori e Comune di Sarzana.
Sergio Marchi
(da Ameglia Informa di luglio 2014)
Continuando la nostra passeggiata usciamo dalla piazza Matteotti ed entriamo in via Bertoloni, intitolata all’illustre botanico sarzanese. In fondo alla strada ci troveremo di fronte a Porta Parma, con il Torrione Genovese sulla nostra sinistra. Una lapide di marmo con San Giorgio e il drago ci ricordano del periodo a cavallo del 1500 in cui Sarzana fu Città convenzionata e non soggetta al Banco di San Giorgio.
Si trattò di un privilegio assoluto dovuto allo status di erede di Luni, poiché solitamente il Banco diveniva padrone delle città che amministrava per conto della Repubblica di Genova. Il Torrione San Carlo, sulla destra, viene chiamato anche Stella, in ricordo del podestà già citato. Adesso, con la stradina sulla nostra destra, rientriamo nella piazza Matteotti attraverso un passaggio coperto. Giriamo sulla destra e, al centro di questo lato della piazza troviamo il palazzo della famiglia Arzelà, della quale l’ing. Eugenio fu il progettista e direttore dei lavori del Canale Lunense.
Suo zio Cesare fu un illustre matematico che lavorò su importanti aspetti del calcolo infinitesimale, al punto che il suo “Trattato di algebra” divenne il più diffuso testo matematico per le scuole superiori del Regno d’Italia.
Di fronte al palazzo si staglia la mole del monumento ai caduti della Prima guerra mondiale, realizzato dallo scultore Fontana, di là dal quale si raggiunge il palazzo Fontana stesso. Carlo Fontana, fra le altre opere, fu l’artefice di una delle due quadrighe che ornano il Vittoriano di Roma.
Al centro del lato settentrionale della piazza spicca il palazzo Parentucelli-Calandrini, dove nacque il papa Niccolò V. Sotto questo palazzo un bel porticato ci conduce verso palazzo Remedi, riconoscibile sull’altro lato della strada per la profusione di marmo al pian terreno e un grande stemma nobiliare marmoreo, sfuggito alla rivoluzione francese, sopra l’entrata.
Ma è tempo di avviarci fuori dal centro storico, lo facciamo risalendo la strada fino a un altro passaggio coperto, superato il quale ci appare, sulla sinistra, il Torrione San Francesco, l’ultimo costruito nel 1513. Scendiamo nel passaggio pedonale che fiancheggia il fossato del Torrione e, risalendo dalla parte opposta, arriviamo di fronte a una piccola piramide di pietra sormontata da una croce in ferro. La Crosa, così la chiamano i locali, indica il punto dove, secondo la tradizione, avvenne l’incontro tra San Francesco e San Domenico.
Da qui, guardando verso destra, è ormai visibile e vicina la chiesa di San Francesco, da dove è iniziato il nostro “tour”.
Sergio Marchi