(da Ameglia Informa di agosto 2021)
Il 21 luglio di cento anni fa, era un giovedì, si svolsero i fatti di Sarzana, avvenimenti così noti che basta un veloce sommario per descriverli.
All’alba di quel giorno la cittadina fu assaltata da squadre fasciste convergenti da più località per liberare Renzo Ricci detenuto nella fortezza di Firmafede dopo essere stato arrestato per precedenti scontri. Coordinava l’attacco Amerigo Dumini. Sono due nomi famosi: questo guidava la squadraccia che rapì ed uccise Matteotti; quello fu un importante dirigente del Partito Fascista e poi comandante della Guardia Nazionale Repubblicana al tempo di Salò.
Qua basta dire che l’assalto a Sarzana fu sventato e i fascisti dispersi, l’unico caso con Parma in tutt’Italia in cui le squadre nere furono respinte.
La cosa riuscì per il concorso di più fattori: la decisa opposizione popolare; la resistenza degli Arditi del Popolo, un’organizzazione di difesa delle molte sinistre una volta tanto unite e non divise; l’azione di forte contrasto attuata dalla forza pubblica costituita da carabinieri, poliziotti e militari.
A guidare questo gruppo era il capitano dei Carabinieri Guido Jurgens. Arrivato a Sarzana proprio il giorno precedente i tragici fatti, respinse decisamente le proposte di Dumini che chiedeva la scarcerazione di Ricci. Quando poi iniziò lo scontro, non esitò a guidare la sua truppa contro i fascisti che furono dispersi: per la loro azione e per la reazione popolare.
Si sparò e caddero vittime fra gli assalitori, ma quello era un tempo che non si andava per il sottile né si poteva pretendere che chi doveva garantire l’ordine assumesse atteggiamenti diversi. A quel tempo lacrimogeni, scudi e manganelli erano dotazioni inimmaginabili. Sono cose ben conosciute ed altrettanto bene si sa come andò a finire tutta la storia.
Lo Jurgens, non serve dirlo, non fece una grande carriera, anzi. Subito trasferito a Genova, fu posto in aspettativa e praticamente non riprese più servizio fino a quando nel ’32 non fu definitivamente rimosso dall’Esercito per trasferirsi nella Capitale.
Non è documentato con certezza ma qua forse prese parte agli scontri contro i tedeschi avvenuti a Roma dopo l’8 settembre 1943 presso Porta San Paolo. È sicuro, invece, che collaborò con alcuni aderenti al Partito Fascista che non condividevano per nulla la politica attuata dal regime contro gli Ebrei, specie dopo l’inasprimento seguito all’occupazione tedesca.
Il 16 ottobre cominciò nella Capitale la razzia degli Ebrei romani (sopra la lapide commemorativa). Chi non era stato catturato, cercava disperatamente un rifugio: presso gli amici, nei conventi che aprirono generosamente le porte, anche nel palazzo che stava costruendo il conte Romolo Vaselli, un costruttore che aveva fatto fortuna con il fascismo, di cui però non condivideva le leggi razziali. L’ex capitano Jurgens gli diede una grossa mano organizzando una rigorosa sorveglianza in quel condominio che nascondeva una cinquantina di ebrei: una ulteriore occasione in cui si manifestò la sensibilità democratica vista vent’anni prima a Sarzana.
Alberto Scaramuccia