(da Ameglia Informa di gennaio 2019 e giugno 2019 con appendice di Ameglia informa del novmbre 1999)

Un altro personaggio restato in ombra nella storia di Ameglia è stato Niccolò Paganini. Nella provincia della Spezia si parla solo di Carro, per essere stato il Comune di origine degli avi di Paganini non di lui che è  nato a Genova il 27 ottobre 1782 e morto a Nizza il 27 maggio1840. Non parleremo qui delle sue opere e della sua vita che sono facilmente reperibili su enciclopedie o in Internet ma della documentazione delle sue abituali frequentazioni amegliesi.

 

Il suo successo, all’epoca, potrebbe essere paragonato a un Elvis Presley odierno. Così gli storici hanno fatto più attenzione alle sue tournée continentali, alle sue vicende amorose e giudiziarie piuttosto che ai periodi di riposo estivo nella piccola e sconosciuta Ameglia, dove viveva il suo amico, confidente e avvocato Luigi Guglielmo Germi.

Ennio Silvestri nella sua “Ameglia nella storia della Lunigiana” (nota 18 del cap. XIII) cita l’avv. Luigi Guglielmo Germi quale amico e confidente del Paganini e destinatario di una fitta corrispondenza, da cui si può ricostruire tutta la vita dell’artista.

Paganini quasi annualmente, nella stagione estiva, era ospite del Germi ad Ameglia. Si ricordano le sue cacce, all’Uccelliera, ai saporiti «beccafighi» che poi venivano cucinati dalla esperta e da lui adorata signora Camilla. Nella villa di «Migliazzola» Paganini scrisse quattro notturni per pianoforte e violino, in onore dell’amico; questi notturni venivano eseguiti su un «Antonio Amati» del Germi.

Nella sua autobiografia, un illustre amegliese, il pittore Pietro Landi, raccontava che, all’età di 7 anni, ebbe l’occasione di incontrare, una sera, Niccolò Paganini.

Gli parve di vedere «il diavolo in persona» ed ebbe paura. Si rincuorò soltanto allorché dalla propria abitazione, vicina alla villa, sentì dalla finestra del primo piano «voci che parevano d’an-geli e concerti di usignoli: era quel diavolo d’uomo che suonava il violino. 

(Ameglia Informa di giugno 2019)

Niccolò Paganini è stato sicuramente il più grande violinista del Romanticismo (1820 – 1890 circa) molto legato ad Ameglia per la sua fraterna amicizia con Luigi Guglielmo Germi, avvocato professionista, per un breve periodo deputato sabaudo per la circoscrizione di Sarzana (nel 1848), con notevoli competenze musicali e capacità esecutive su violino.

 

Dopo più di 20 anni sono ritornato nella casa amegliese dell’avv. Luigi Guglielmo Germi, amico inseparabile di Nicolò Paganini, col permesso dell’avv. Ferdinando Cardino che già allora incontrai assieme alla moglie Silvia Tixi erede della proprietà, così ho potuto più consapevolmente entrare nella magia di quel luogo che trasuda storia in ogni stanza: la camera da letto di Paganini, la sala da pranzo, la torre, il giardino. Tra quelle vecchie mura circa 200 anni prima Nicolò Paganini nella stagione estiva ma non solo, era ospite della villa di Ameglia. Si ricordano le sue cacce, all’Uccelliera, ai saporiti «beccafighi» che poi venivano cucinati dalla esperta e da lui adorata signora Camilla (moglie di Germi). Così scriveva in una lettera: “Ogni giorno di magro e anche di grasso sopporto una salivazione rammentando gli squisiti ravioli che tante volte ho gustati alla tua mensa”.

Nella villa di «Migliàtzoa» Paganini scrisse quattro notturni per pianoforte e violino, in onore dell’amico; questi notturni venivano e-seguiti su di un «Antonio Amati» del Germi.

L’amicizia tra Paganini e Germi iniziò nel 1814, con un primo contatto di carattere legale (le prime lettere iniziavano con: “Illustrissimo avvocato”, passando per “Caro amico” e, subito dopo, ad “Amico carissimo”. Ha inizio così una lunga e salda amicizia che durerà tutta la vita. Germi diventerà confidente, fiduciario, amministratore e procuratore di Paganini.

Dalle sue lettere, ora depositate all’archivio di Stato di Genova, è stato possibile ricostruire la personalità umana e artistica del maestro. Attraverso questa corrispondenza vien fuori il ritratto di un uomo complesso e contraddittorio, di vivissima intelligenza, di grande coraggio nelle malattie ma per contro una grande immaturità e sprovvedutezza nei rapporti sentimentali. In compenso viene fuori un grande attaccamento al nucleo familiare d’appartenenza. La propensione ad investire sul futuro, una parsimonia nelle cose spicciole e la capacità di gesti munifici.

Germi lo aiutò con saggi consigli anche quando fu accusato del rapimento e della seduzione di Angela Cavanna, una giovane che per qualche tempo aveva convissuto con lui more uxorio. Non fu l’unico suo guaio giudiziario: a Venezia nel 1817 fu denunciato per non aver onorato un debito di gioco e nel 1838 a Parigi fu coinvolto nella bancarotta del “Casinò Paganini”.

Alcune lettere del 1820 confermano lo stretto rapporto che univa i due amici: a lui Paganini annuncia la composizione di nuovi quartetti con chitarra, chiede giudizi e consigli, formula apprezzamenti per le esecuzioni che l’amico esegue nella sua abitazione.

A lui Paganini dedica sei quartetti per archi e chitarra e le Variazioni sul Barucabà per violino e chitarra, e con lui discute di musica  e commercia strumenti musicali archetti e corde.

Paganini, cm. 165 di altezza, è così descritto da Roberto Grisley: “I neri capelli lunghi e scarmigliati, i denti mancanti, l’imponente naso aquilino, che spiccava sul viso pallido e ossuto, gli conferivano un aspetto tenebroso. Magrissimo e cupo, esaltava questi caratteri vestendosi di scuro e portando occhiali dalle lenti blu”.

Questo avvalora quello che un illustre amegliese, il pittore Pietro Landi, raccontava quando all’età di 7 anni, ebbe l’occasione di incontrare, una sera, Niccolò Paganini. Gli parve di vedere «il diavolo in persona» ed ebbe paura. Si rincuorò soltanto allorché dalla propria abitazione, vicina alla villa, sentì dalla finestra del primo piano «voci che parevano d’an-geli e concerti di usignoli: era quel diavolo d’uomo che suonava il violino».

(Le illustrazioni ed i riferimenti sono tratti dal libro “Nicolò Paganini” di Edward Neil)

Sandro Fascinelli

 

Ora vorrei riproporre l’articolo di Ameglia Informa di novembre 1999 alla cui realizzazione partecipai anch’io, parlando personalmente con la sig.ra Tixi, ma poi colpevolmente la storia fu lasciata senza seguito

          Sandro Fascinelli

 

Le ville ci parlano  – Villa Tixi:musica sotto le stelle

Pare che anche duecento anni fa Ameglia avesse i suoi concerti estivi. Certo non si trattò di musica di tendenza ma di suoni soavi provenienti dal “palazzo”, sull’altura di Migliazzola.

Echi distesi tra ulivi e vigneti che colpirono il pittore Pietro Landi quando, nella sua “Autobiografia”, recuperando ricordi giovanili, descrisse l’incanto di “voci che parevan d’angeli e melodie d’usignoli”. Quell’incanto era l’esito di una profonda amicizia, intrattenuta agli inizi dell’ottocento, tra due illustri personaggi: l’avvocato Luigi Guglielmo Germi e il grande violinista Niccolò Paganini.

Ancora oggi, Villa Tixi lega la sua notorietà a quel periodo e alla musica diffusa nelle stanze del “palazzo”, allorquando, il “virtuoso di corte”, stanco dai frequenti concerti europei raggiungeva, annualmente, nella stagione estiva, la villa amegliese dell’amico.

Celebri incontri, suggellati dalla reciproca passione per l’arte e da cause forse meno “nobili”; il Germi, infatti, fu l’amministratore dei beni di Paganini e in seguito tutore del figlio la cui condotta particolarmente estrosa fu all’o-rigine della decadenza del patrimonio.

Prima di ritirarsi definitivamente ad Ameglia dove morì nel 1870 era stato insigne avvocato e docente in Genova, eletto, poi, deputato per Sarzana al Parlamento Subalpino intervenne contro il progetto di trasformare Marinella in una vasta salina; ma la sua notorietà è dovuta piuttosto all’amicizia con Paganini e al suo famoso “Epistolario”.

A tale proposito confessò che avrebbe potuto esserne il biografo più veritiero ma anche che non avrebbe potuto dichiarare la verità, cosa che, peraltro, fece Arturo Codignola in “Paganini intimo”, pubblicando numerose lettere dell’avvocato Germi.

All’amico e confidente Paganini dedicò diverse opere tra le quali “Barucabà” e nella villa di Migliazzola, scrisse in suo onore, quattro notturni per pianoforte e violino eseguiti su di un “Antonio Amati” del Germi. Tanto le composizioni quanto il violino furono venduti, quest’ultimo pare per poche migliaia di lire dalla nonna di Silvia Tixi, oggi, unica erede della proprietà.

Da allora, la villa, fatta costruire dal senatore Agostino Germi, fratello di Luigi Guglielmo, è rimasta quella di sempre ad eccezione della tenuta agricola che, un tempo unica e indivisa quando la famiglia era tra le principali possidenti della valle, si estendeva dalla chiesa di S. Maria Assunta sino a tutta l’altura di Migliazzola. Da un lato, troviamo il forno, la grande casa dei mezzadri, dall’altro il pozzo e l’ingresso principale oggi occluso.

Al centro, integrato nel paesaggio e con ampia visuale, il “palazzo” distribuito su tre piani: il primo, destinato alla vita di relazione, dove vaste pareti interne affrescate sembrano sollecitare l’occhio ad evadere dal chiuso delle sale con scene di vita nei campi e figure mitologiche che regnano sui mari; un piano terreno dove trovavano sistemazione i locali sussidiari dell’abitazione, co-me magazzini o depositi; un piano alto con gli ambienti propri della residenza familiare.

Ma i segreti del “palazzo” si celano forse nelle lettere del Codignola, negli ormai labili ricordi tramandati alla discendente della famiglia Germi, Silvia Tixi o molto più probabilmente, resteranno muti tra le mura antiche che solo quel calco di Niccolò Paganini, in una delle sale principali, conosce.

Elena Baldini